(sec. XIV)
Figlia di una città ricca e gaudente, la bella bolognese dimostra in ogni particolare la sua gioia di vivere. Sfoggia le sue splendide vesti con grande disinvoltura ed è profondamente convinta del dovere che ha ogni moglie di essere bella, elegante e sempre all'ultima moda, per es- sere all'altezza della posizione sociale conquistata dal marito. (Sullo sfondo: particolare tratto da un affresco di Vitale da Bologna nell'abside della chiesa di Santa Maria a Pomposa.)
IL VELO ERA IMPORTANTE
Di aspetto florido e matronale, la bella donna bolognese adottò, fino al sec. XIII, abiti confezionati con un solo tes- suto e in una sola tinta; il taglio era ampio e dava allo incedere un certo che di maestoso; la scollatura modestis- sima era a giro collo; la vita era segnata al punto giusto e di qui la veste ricadeva in ampie pieghe fino a terra.
Il principale ornamento era il velo di seta che aveva in Bologna uno dei suoi centri di maggior produzione. Il velo poteva essere di varie fogge e misure; se era corto, ricadeva sulle spalle; se era lungo e ampio ricopriva tutta la persona ed era trattenuto con elegante gesto dalle mani strette al petto. Ma corto o lungo, il velo era sempre un accessorio di gran lusso, di seta intessuta con fili d'oro.
ARRIVA LA MODA FRANCESE
Poiché Bologna era una città aperta a tutti i forestieri, gentiluomini, uomini d'arte o mercanti che fossero, ben presto le fogge francesi arrivarono in città e conquistarono le donne bolognesi. La moda francese voleva vesti più pit- toresche e appariscenti ma anche più dispendiose e spesso, molto spesso, immodeste. Da qui l'abbondanza delle leggi suntuarie (delle leggi cioè che servivano a frenare l'ecces- siva ostentazione della ricchezza).
Che cosa voleva la moda importata dalla Francia ma applicata con gusto italiano? Vesti frastagliate e ricamate con applicazioni di stoffe in tinta contrastante o tessute con motivi di fiori e animali; mantelli di panno francese azzurrino foderati di vaio; gonne invernali di lana d'Irlanda guarnite da fibbiette dorate. Confezionare un abito con que- sti costosissimi tessuti voleva dire spendere un vero patri- monio. Non meno ricche erano le guarnizioni: intorno alle maniche e al collo erano disposti bottoni d'oro e d'argento: anche per i bottoni fu emanata una legge e le multe erano piuttosto gravose. La moglie di Egano Lambertini fu multata perché portava una veste guarnita con bottoni di perle e un cappuccio non rispondente al modello prescritto dagli statuti del popolo.
BORSETTE, SCARPE INTARSIATE, CALZE A MAGLIA
Spille d'oro e d'argento, fibbie d'oro o incrostate di perle, cordoni dorati, cinture d'argento: tutti questi accessori arricchivano l'abbigliamento di una dama bolognese del XIV secolo. Perfino le borse suscitarono le proteste dei governanti e uno statuto del 1376 vietò le borse ornate d'oro e di pietre preziose del valore superiore a una certa cifra. Le scarpe erano un vanto dell'artigianato bolognese; erano di cuoio finissimo, tinto nei colori più vari e guarnite con fibbie d'oro e d'argento. In un tentativo di riportare le don- ne alla modestia, uno statuto proibi la fabbricazione delle scarpe che non fossero o tutte bianche o tutte nere. Molto diffuso era l'uso delle calze a maglia di colori vivacissimi.
VESTI BOLLATE
Evidentemente le donne bolognesi erano capaci di tener testa a qualsiasi autorità; le leggi emanate erano molte, ma nessuna le osservava. E si ebbe allora un episodio nuovo e incredibilmente curioso nella storia del costume; nel 1398 il Reggimento di Bologna ordinò che ogni donna dovesse portare le sue vesti a un ufficiale del Podestà o del Capitano del Popolo perché fossero approvate, bollate e registrate in un apposito libro; soltanto le vesti approvate e munite di bollo potevano essere indossate e nessuna donna avrebbe potuto farsi confezionare altri vestiti oltre a quelli che già possedeva. Inoltre si proibiva alle donne bolognesi di portare più di tre once d'oro sul capo, di dodici once d'argento sulle vesti, più di tre anelli per mano, manicotti più larghi di una data misura, vesti larghe più di dieci braccia e fornite di strascico. Le vesti foderate di vaio e d'ermellino potevano essere indossate solo dalle mogli dei nobili e dei capitani.
IL VELO ERA IMPORTANTE
Di aspetto florido e matronale, la bella donna bolognese adottò, fino al sec. XIII, abiti confezionati con un solo tes- suto e in una sola tinta; il taglio era ampio e dava allo incedere un certo che di maestoso; la scollatura modestisima era a giro collo; la vita era segnata al punto giusto e di qui la veste ricadeva in ampie pieghe fino a terra.
Il principale ornamento era il velo di seta che aveva in Bologna uno dei suoi centri di maggior produzione. Il velo poteva essere di varie fogge e misure; se era corto, ricadeva sulle spalle; se era lungo e ampio ricopriva tutta la persona ed era trattenuto con elegante gesto dalle mani strette al petto. Ma corto o lungo, il velo era sempre un accessorio di gran lusso, di seta intessuta con fili d'oro.
ARRIVA LA MODA FRANCESE
Poiché Bologna era una città aperta a tutti i forestieri, gen- tiluomini, uomini d'arte o mercanti che fossero, ben presto le fogge francesi arrivarono in città e conquistarono le donne bolognesi. La moda francese voleva vesti più pit- toresche e appariscenti ma anche più dispendiose e spesso, molto spesso, immodeste. Da qui l'abbondanza delle leggi suntuarie (delle leggi cioè che servivano a frenare l'ecces- siva ostentazione della ricchezza).
Che cosa voleva la moda importata dalla Francia ma appli- cata con gusto italiano? Vesti frastagliate e ricamate con applicazioni di stoffe in tinta contrastante o tessute con motivi di fiori e animali; mantelli di panno francese az- zurrino foderati di vaio; gonne invernali di lana d'Irlanda guarnite da fibbiette dorate. Confezionare un abito con que- sti costosissimi tessuti voleva dire spendere un vero patri- monio. Non meno ricche erano le guarnizioni: intorno alle maniche e al collo erano disposti bottoni d'oro e d'argento: anche per i bottoni fu emanata una legge e le multe erano piuttosto gravose. La moglie di Egano Lambertini fu mul- tata perché portava una veste guarnita con bottoni di perle e un cappuccio non rispondente al modello prescritto dagli statuti del popolo.
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