sabato 28 marzo 2020

Omelia del Papa 27.03.2020

MOMENTO STRAORDINARIO DI PREGHIERA IN TEMPO DI EPIDEMIA PRESIEDUTO DAL SANTO PADRE FRANCESCO

Sagrato della Basilica di San Pietro Venerdì, 27 marzo 2020

MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE

«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme.

È facile ritrovarci in questo racconto. Quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, proprio nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40).

Cerchiamo di comprendere. In che cosa consiste la mancanza di fede dei discepoli, che si contrappone alla fiducia di Gesù? Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma vediamo come lo invocano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (v. 38). Non t’importa: pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: “Non t’importa di me?”. È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati.

La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.

Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.

Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfr Is 42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza.

Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi” (cfr 1 Pt 5,7).


Benedizione Urbi et Orbi e Indulgenza plenaria

27.3.2020 ore 18
Da Vatican News
Immagini, segni e parole della preghiera per il mondo che Francesco ha voluto celebrare per implorare la fine della pandemia
Il Protagonista della preghiera che la sera del 27 marzo - anticipo del Venerdì Santo - Papa Francesco ha celebrato in una Piazza San Pietro vuota e sprofondata in un silenzio irreale, è stato Lui. Il Crocifisso, con la pioggia battente che gli irrigava il corpo, così da aggiungere al sangue dipinto sul legno quell’acqua che il Vangelo ci racconta essere sgorgata dalla ferita inferta dalla lancia.
Quel Cristo Crocifisso sopravvissuto all’incendio, che i romani portavano in processione contro la peste; quel Cristo Crocifisso che san Giovanni Paolo II ha abbracciato durante la liturgia penitenziale del Giubileo del 2000, è stato protagonista silenzioso e inerme al centro dello spazio vuoto. Persino Maria, Salus populi Romani, incapsulata nella teca di plexiglass divenuta opaca a causa della pioggia, è sembrata cedere il passo, quasi scomparire, umilmente, di fronte a Lui, innalzato sulla croce per la salvezza dell’umanità.
Papa Francesco è apparso piccolo, e ancora più curvo mentre saliva non senza fatica e in solitudine i gradini del sagrato, facendosi interprete dei dolori del mondo per offrirli ai piedi della Croce: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”. L’angosciante crisi che stiamo vivendo con la pandemia “smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità” e “ora mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: Svegliati Signore!”.
La sirena di un’ambulanza, una delle tante che in queste ore attraversano i nostri quartieri per soccorrere i nuovi contagiati, ha accompagnato insieme alle campane il momento della benedizione eucaristica Urbi et Orbi, quando il Papa, ancora solo, si è riaffacciato sulla piazza deserta e sferzata dalla pioggia tracciando il segno della croce con l’ostensorio. Ancora, il Protagonista è stato Lui, quel Gesù che immolandosi ha voluto farsi cibo per noi e che anche oggi ci ripete: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?... Voi non abbiate paura”.





Covid19

L'epidemia da coronavirus si chiama Covid-19. L'Oms: "Primo ...

La COVID-19 (acronimo dell'inglese COronaVIrus Disease 19), o malattia respiratoria acuta da SARS-CoV-2 (dall'inglese Severe acute respiratory syndrome coronavirus 2, nome del virus) o più semplicemente malattia da coronavirus 2019, è una malattia infettiva respiratoria causata dal virus denominato SARS-CoV-2 appartenente alla famiglia dei coronavirus. I primi casi sono stati riscontrati durante la pandemia di COVID-19 del 2019-2020.

Una persona infetta può presentare sintomi dopo un periodo di incubazione che può variare tra 2 e 14 giorni circa (o raramente ci sono stati casi di 29 giorni), durante i quali può comunque essere contagiosa. Per limitarne la trasmissione devono essere prese precauzioni, come adottare un'accurata igiene personale, lavarsi frequentemente le mani e indossare mascherine. Coloro che ritengono di essere infetti devono indossare una mascherina chirurgica e chiamare immediatamente un medico al fine di ricevere appropriate indicazioni.
Il coronavirus colpisce principalmente il tratto respiratorio inferiore e provoca una serie di sintomi descritti come simil-influenzali,tra cui febbre, tosse, respiro corto, dolore ai muscoli, stanchezza e disturbi gastrointestinali quali la diarrea; nei casi più gravi può verificarsi una polmonite, una sindrome da distress respiratorio acuto, sepsi e shock settico, fino ad arrivare al decesso del paziente. Non esiste un vaccino o un trattamento specifico per questa malattia. Attualmente il trattamento consiste nell'isolare il paziente e nel gestire i sintomi clinici.
La malattia venne identificata per la prima volta nei primi giorni del 2020 dalle autorità sanitarie della città di Wuhan, capitale della provincia di Hubei in Cina, tra i pazienti che avevano sviluppato una polmonite senza una causa chiara.
Intorno a metà dicembre 2019, le autorità sanitarie della città di Wuhan in Cina (circa 11 milioni di abitanti), riscontrarono i primi casi di pazienti che mostravano i sintomi di una "polmonite di causa sconosciuta"; questo primo gruppo di malati era in qualche modo collegato al locale mercato del pesce, costituito da circa un migliaio di bancarelle su cui si vendevano anche polli, fagiani, pipistrelli, marmotte, serpenti, cervi macchiati e organi di conigli oltre ad altri animali selvatici. Fin da subito venne ipotizzato che si trattasse di un nuovo coronavirus proveniente da una fonte animale (una zoonosi).
Il ceppo responsabile della pandemia è stato identificato nei primi giorni di gennaio 2020 e designato SARS-CoV-2 o "Nuovo Coronavirus di Wuhan", mentre il suo genoma è stato pubblicato il 10 gennaio.
A marzo 2020 il tasso di mortalità e di morbilità dovuti alla malattia non sono ancora ben chiari; mentre nel corso dell'attuale pandemia la mortalità tende a cambiare nel tempo, la percentuale di infezioni che progrediscono verso una malattia diagnosticabile rimane ancora non definita. Tuttavia, la ricerca preliminare sulla COVID-19 ha rilevato un tasso di letalità compreso tra il 9% e il 11% e, nel gennaio 2020, l'OMS ha suggerito che questo valore potesse essere di circa il 3%. Uno studio effettuato su 55 casi fatali ha rilevato che le prime stime sulla letalità potrebbero essere troppo elevate poiché non sono state prese in considerazione le infezioni asintomatiche stimando, dunque, un tasso di letalità (la mortalità tra gli infetti) compreso tra lo 0,8% includendo i portatori asintomatici e il 18% includendo solo i casi sintomatici della provincia di Hubei.
Al 22 marzo 2020, sono stati confermati 301 400 casi, con 91 308 guarigioni e 12 303 morti.

Infezioni sono state segnalate in gran parte del mondo occidentale e in Asia, principalmente in coloro che provenivano dalla Cina continentale, con trasmissione riscontrata anche in Germania, Francia, Italia, Hong Kong, Vietnam, Thailandia, Singapore, Giappone, Corea del Sud, Australia. I decessi sono stati segnalati nella Cina continentale, nelle Filippine, e a Hong Kong. A partire dall'11 febbraio 2020, solo la Cina continentale è elencata come un'area con trasmissione di comunità in corso.[22]

Quarantena ai tempi del coronavirus

Giorno x di quarantena e isolamento.  Arrivano voci dalla Cina che una intera città, Wuhan, è stata colpita da un misterioso nuovo virus molto pericoloso ad alta diffusione. Impressiona vedere queste strade deserte, dei droni che redarguiscono persone che escono di case senza mascherina e intima loro di tornare immediatamente indietro, sembra un film di fantascienza.In Cina poi, dove l'ultra affollamento è di norma...ma è là. Dispiace, ci preoccupa, ma è là.
Ma come canta una famosa canzone di Tozzi, "tanto prima o poi gli altri siamo noi"...e infatti, una mattina del 21 febbraio, ignari ci alziamo , con solo un piccolo timore dato da una coppia cinese in viaggio in Italia che era stata ricoverata allo Spallanzani perchè colpita da Coronavirus, oggi COVID 19, e veniamo gelati da una notizia che non avremmo mai voluto sentire: "Un uomo è stato ricoverato all’ospedale di Codogno, in provincia di Lodi, con una forte insufficienza respiratoria. È risultato positivo al test del coronavirus. Non è stato n Cina, ma avrebbe avuto contatti con un amico rientrato dal Paese". Con il tempo si appurerà che l'amico non era positivo e non si troverà mai il paziente 0. Fatto sta che inizia questo strano, surreale, inimmaginabile periodo di sospensione della vita.
Via via si susseguono casi, Codogno diventa zona rossa, la Lombardia la regione più colpita, ma poi ogni regione viene contagiata.
Gli italiani diventano gli untori del mondo, solo perchè le altre nazioni evitano di fare tamponi ai loro ammalati, e a quelli che vengono fatti e dichiarati contagiati sono passati tutti per Codogno.
A questo punto mi assale una curiosità irrefrenabile e mi domando dove sia esattamente Codogno e perchè io non ci sono mai stata, nemmeno a prendere un caffè nel tristemente famoso bar dove sono passati tutti i viaggiatori colpiti nel mondo.
Per giustizia di cronaca: Codogno è un comune italiano di 15 978 abitanti della provincia di Lodi, in Lombardia. Oltre a essere il centro principale della pianura nota come Basso Lodigiano, è la seconda città più popolata della provincia di Lodi e il principale centro, dopo il capoluogo, per importanza storica, economica e per numero di abitanti.
Da allora è trascorso poco più di un mese e quello che si prevedeva, purtroppo si è verificato.
Ora ci troviamo a dover vivere in casa propria, mantenendo distanze tra un individuo e l'altro superiore al metro e mezzo, lavarci le mani con sapone o detergente più volte possibile al giorno, ritrovandoci con pelle secca e screpolata, perchè pare che questo virus si diffonda toccandosi occhi, naso e bocca, mentre con il sapone, la "pellicola" (non conosco il termine esatto) che ricopre il virus viene staccata impedendogli così di sopravvivere, usciamo con mascherine introvabili FFP2-FFP3 e guanti mono uso.
Le attività considerate non essenziali sono tutte chiuse, rimangono operativi i negozi e i produttori alimentari, le città e i paesi deserti; si può infatti uscire solo con il modulo di autocertificazione

una volta a settimana, una persona per famiglia ed evitare assembramenti, pena multa salata e per i casi più gravi anche una denuncia penale. Chi ha cani può portare fuori solo per un giro intorno al proprio fabbricato, regalando così un paesaggio surreale, un silenzio assordante e unica "compagnia" i programmi televisivi monopolizzati dal coronavirus..
La nostra vita è cambiata, come sarà è impossibile prevederlo, possiamo solo collaborare per aiutare chi sta affrontando questa emergenza in prima linea, con l'unica cosa che sembra essere utile e continuando a pregare...#iorestoacasa

domenica 8 marzo 2020

E allora slegate le campane...


E allora slegate le campane: un doppio alla bolognese contro il male
Dopo aver indicato la novena «per chiedere alla Madonna di San Luca di intercedere per la protezione delle nostre città e paesi dal male» dell’epidemia, l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi ha anche invitato «tutte le chiese della diocesi a suonare le campane alle ore 19 da domenica 8 marzo fino a martedì 17 marzo in contemporanea alla Novena da lui presieduta alla stessa ora».
Ma perché suonare le campane in questa occasione così particolare? Qual è il loro significato? Forse assordati dal rumore delle nostre città abbiamo dimenticato lo scampanio delle chiese e soprattutto sono pochi a conoscere il significato di quel suono.
Per capire il senso più profondo delle nostre campane, bisogna andare a vedere l’antico rituale di benedizione. La campana veniva, per così dire, “battezzata”: veniva aspersa con acqua esorcizzata, consacrata con l’unzione dell’olio, e le veniva dato un nome. Poi veniva incensata. Solo così la campana può svolgere la sua funzione di araldo del Vangelo, che porta l’annuncio del primato di Dio ovunque e caccia ogni infestazione maligna.
L’idea fondamentale è che il suono si diffonde nello spazio; dunque, dove giunge questo suono “consacrato”, lo spazio viene riconquistato a Cristo, la mente viene elevata al ricordo di Dio e le infestazioni del maligno vengono messe in fuga. E’ per questo che le orazioni dell’Ordo ad campanam consecrandam del Pontificale Romanum (1961-1962) domandano a Dio che, per il suono di queste campane, «cresca la devozione e siano respinte tutte le insidie dei nemici», come anche il fragore della grandine, la tempesta, etc.
Le campane, come esplicitamente richiamato dalle tre orazioni, sono le nuove trombe d’argento di Mosé (Num. 10, 2), che chiamano il popolo alla preghiera; sono le trombe fatte suonare da Giosué nella presa di Gerico (Gs. 6, 1-14); ed ancora sono la voce di Cristo che seda la tempesta (Mc. 4, 39).
Il doppio bolognese
Non molti sanno che la nascita dello stile bolognese si fa risalire al 24 febbraio 1530, sul campanile della Basilica di San Petronio, quando i campanari della chiesa inventarono un nuovo metodo di
suonare i sacri bronzi, allo scopo di solennizzare il più possibile l’incoronazione di Carlo V impera-tore del Sacro Romano Impero da parte del papa Clemente VII.
La presenza simultanea del papa e dell’imperatore a Bologna portò alla  nascita di quest’arte che, nel tempo, si modificò ed andò sempre migliorando, trasmessa di generazione in generazione fino ad oggi.
Questa particolare tecnica esecutoria ha scatenato quella che oggi è la tradizione campanaria bolognese. Quando si parla del sistema bolognese e se ne indica la nascita nel XVI secolo si sta in realtà parlando della nascita del doppio. L'origine del nome è semplice: siccome originariamente sui campanili veniva issata una sola campana, quando se ne aggiunse un'altra il suono ottenuto dai rintocchi alternati dei due bronzi fu chiamato “a doppio”. Le campane venivano messe in piedi (bocca rivolta verso l'alto) "alla muta", cioè con il battaglio legato perché non suonasse, e poi puntellate. Le campane presentavano (e presentano tuttora) una struttura apposita che consentisse di spostare lo strumento senza doverlo toccare direttamente: la "capra". Molto simile ad un cavalletto, la capra, di forma trapezoidale, è fissata lateralmente alla campana, direttamente sul ceppo. Si può così fare affidamento sulla stanga, o asta, una piccola trave posta a circa metà dell'altezza della campana. I campanari "travaroli" si posizionavano quindi sulle travi dell'incastellatura e facevano ruotare i bronzi a turno, cambiando ogni volta il verso di rotazione. Col passare degli anni si aggiunsero una terza ed una quarta campana fino ad arrivare, nel corso dell'800, a concerti di cinque campane suonabili a doppio.

sabato 7 marzo 2020

Novena Cardinale Zuppi

Per un bolognese come me, è difficile, davvero tanto, non potersi recare sul colle della Guardia a pregare la Madonna di San Luca, il riferimento spirituale di chi è nato ai piedi del Santuario.
A me manca tanto non potere andare, ma le regole sono regole le accetto, con la speranza di poterci andare quanto prima e pregando comunque, che dall'alto della sua posizione, continui a vegliare su di noi e a proteggerci come ha sempre fatto.
Ringrazio quindi il Cardinale Mons. Zuppi, che ci ha dato la possibilità di pregare almeno virtualmente durante la novena da lui proclamata. E' stata davvero una consolazione e una iniezione di fiducia per me.
Il messaggio del Cardinale:
"L’arcivescovo ha indetto una novena di preghiera con la recita del Rosario a partire da domenica 8 marzo alle ore 19 e fino a martedì 17. “Maria è la Chiesa madre che non cessa di pregare per i suoi figli. Tutti e sempre – scrive l’arcivescovo Zuppi in un messaggio alla diocesi che verrà pubblicato su Bologna Sette e diffuso attraverso il sito della Chiesa di Bologna e il settimanale televisivo 12Porte –. Indìco una novena per chiedere alla Madonna di San Luca di intercedere per la protezione delle nostre città e paesi dal male. Per nove giorni vi invito a recitare il Rosario ovunque vi troviate, uniti tutti spiritualmente a Lei e tra di noi, unanimi nella preghiera come gli apostoli con Maria nel giorno di Pentecoste. Chi può, alle ore 19 collegandosi in streaming, si unisca con noi alla preghiera che reciterò davanti ad un’immagine della Madonna di San Luca".
Grazie Cardinale!