mercoledì 30 gennaio 2013

Sali da bagno profumati fai da te


Questa confezione di sali da bagno l'ho preparata per ogni invitata del pranzo di Natale, come piccolo dono. E' stato tanto apprezzato, quanto facile e veloce da preparare.



Sali da bagno profumati e colorati

Occorrente

Sale grosso da cucina (quantità desiderata)
    Un cucchiaino di Bicarbonato di Sodio (in polvere)
    Olio essenziale (1 o più)
    Colorante liquido (1 o più)
    Un piccolo barattolo di vetro provvisto di tappo
    qualche goccia di acido citrico 

    Versare il sale in una grande ciotola e fare una cernita sommaria scegliendo i chicchi più grossi. Prendere il bicarbonato e ridurlo in polvere se non è troppo fine pestandolo. Versarlo nel sale e rimescolare bene. Versarvi qualche goccia di acido citrico per renderli effervescenti. Versare qualche goccia di olio essenziale dell'aroma scelto nel sale (al massimo 15 gocce per 500 gr di sale), poi colorare con coloranti alimentari a piacere. Fare asciugare un poco e versare in un barattolo di vetro. Meno aria rimane meglio è. Chiudere. Farli riposare in luogo buio per una decina di giorni prima di utilizarli. 

martedì 29 gennaio 2013

Fabbricante di scope: granadlèr

Il fabbricante di scope era un artigiano che aveva bottega; lavorava per singoli clienti ma soprattutto riforniva ferramente e drogherie.
La materia prima era costituita dai filamenti dell'infiorescenza della saggina  (mèlga) che coltivata in quantità limitate nei terreni marginali, veniva seminata in aprile e raccolta a fine agosto.
Dopo la raccolta, i gambi venivano tagliati a circa un metro dall'infiorescenza; legata in mannelli era appesa sotto i porticati per farla maturare.
Prima di essere utilizzata doveva essere liberata dai grani; il fabbricante di scope utilizzava uno speciale attrezzo formato da un'asta di ferro che si biforcava nella parte sommitale: strisciando la meliga entro la biforcazione si otteneva una infiorescenza libera dai grani e con i filamenti stirati
 
Si preparavano poi tre mannelli del diametro di 8-10 centimetri e ognuno di essi (manèla) era legato strettamente con un rametto di salice spaccato;
 

 
si riunivano quindi i mannelli, uno di fianco all'altro e si inseriva il manico attorno al quale si fissavano strettamente i gambi dell'infiorescenza.
Le scope in saggina si utilizzavano nella parte pavimentata della casa e del granaio.
Si fabbricavano anche altri tipi di scope con i rami di arbusti, come la sanguinella e l'erica, che crescevano spontaneamente nelle siepi e lungo le golene dei torrenti. Erano le scope da aia e venivano utilizzate nelle stalle, nei cortili e per la pulizia delle piazze delle città.
Per le case con i pavimenti levigati, il fabbricante preparava delle scope più morbide, fatte con le infiorescenze della canna di valle.
Il manico era una parte importante della scopa: l'artigiano utilizzava manici torniti; chi invece si fabbricava scope da sè utilizzava rami scortecciati e rifiniti con la roncola.
 
 
 
Ringrazio sempre il museo della cività contadina di Bentivoglio che raccoglie sempre queste preziose notizie.
 

lunedì 28 gennaio 2013

Giornata della memoria: appunti biblioteca.


Quanto riportato sotto è interamente scritto da mia figlia, sono appunti che ha preso durante la visita in biblioteca con la scula, in occasione della giornata della memoria:

Gli ebrei erano stati perseguitati sin dall'antichità, non avevano gli stessi diritti e gli venivano incolpate tutte le azioni negative (avvelenare i pozzi, spargere le malattie ecc ). I romani nel 70 d.C. li cacciarono dalla Palestina e furono costretti a cucirsi sugli abiti segni di riconoscimento . Nel 1800 ottennero gli stessi diritti e nel 1700 le leggi antisemite scomparvero. L'antisemitismo era diffuso in tutta Europa e venne portato avanti dai partiti.Fu il fondamento della propaganda  nazista  dove  gli ebrei venivano paragonati a dei virus che infestavano la popolazione. In seguito a ciò questi persero tutti i diritti, vennero messi ai margini della società e vennero proibiti i matrimoni misti.
dal 1930/40 l'obbiettivo di Hitler era quello di liberare la Germania dagli ebrei a cui fu concesso di emigrare in altri Stati ,nel 1939 in Italia gli ebrei perdono la cittadinanza e sempre nel'39 la Germania occupa la Polonia dov'erano stanziati milioni di ebrei. Nel 1941 gli fu proibito di emigrare e iniziarono a essere sterminati. Da questo momento gli ebrei dovevano indossare una stella gialla cucita sugli abiti. in Polonia furono "ghettizzati ". Venivano sfruttati in  industrie in cambio di cibo. I capi nazisti decisero di fare fucilazioni di massa andando in villaggi a prendere ragazzi, uomini donne e anziani e li portavano in boschi e li uccidevano. Ciò ebbe molti effetti negativi:
- erano poco funzionali;
-erano poco veloci;
-provocavano problemi psicologici alle squadre speciali.
Furono così provati altri metodi ed il più funzionale fu il "gas vagen" cioè camion a gas dove gli ebrei venivano rinchiusi, l'autista accelerava e veniva uccisi intossicati. Erano più funzionali ed era più impersonale.
Furono costruiti i quattro campi di sterminio: Belzec,Chelmno,Sobibor e Trebinka,Majdanek.
Il 20\1\1942 si decise che tutti gli ebrei dell'Europa occupata per lavorare. Andarono a morire a Birkenau dove furono instaurate camere a gas e forni crematori. Il 20\1\43 arrivò il primo convoglio italiano e sulla banchina fu attuata una scelta tra gli abili e gli inabili al lavoro.
Primo Levi fu deportato come partigiano e nel febbraio 1943 fu deportato a Birkenau. C'erano due camere agas e quattro forni crematori. Il capo del campo dopo la guerra fu condannato a morte.
Gli ebrei inabili al loro arrivo venivano svestiti e portati nelle camere a gas dove questo era sottoforma di cristalli solidi. I cadaveri venivano bruciati. Gli altri ebrei venivano tosati , cambiati e gli veniva tatuato un numero sul braccio. Nell'inverno 44\45 furono distrutte le prove dei reati e fatte saltare le camere a gas. Il 27/1/45 i campi di Birkenau e Aushwitz furono liberati dalle armate russe.
 
 
Eugenia C.

sabato 26 gennaio 2013

Un amore di torta: mimosa per una mamma


Questa torta mi commuove. E' bellissima, è piena di amore, è semplice, ricercata, apparentemente casuale, ma altrettanto piena di significati.
Non so descrivere l'emozione che mi provoca.
Dicono che i ragazzi oggi sono senza valori, senza affetti, superficiali, tutta apparenza...: niente di più sbaglaito. Da che mondo e mondo, ricordo anche quando ero giovane, non sono mai stati capiti, rivoluzionari, senza principi, senza rispetto...figuriamoci oggi, nella società distratta e frenetica in cui viviamo.
Poi ti svegli una mattina come tante, non hai grosse aspettative e ti auguri, che il giorno che ti prepari  ad affrontare non sia peggio di quello appena trascorso.
Poi, ti capita di parlare con un ragazzino adolescente e capisci che avrebbe voglia di preparare una torta per il compleanno della sua mamma, ma che vorrebbe fosse una sorpresa e decidi di assecondarlo, cosa sarà poi?
Ci si organizza e tra qualche difficoltà si riesce ad improvvisare un improbabile piano che, nonostante tutto , funziona.
Ed ecco la meraviglia: da una "ciambella" sboccia questa splendida torta che nemmeno il migliore dei pasticceri avrebbe potuto fare.
Veder lavorare questo ragazzo, mi incanta. Ogni suo movimento fa trasparire l'affetto per la mamma, ogni decoro ha un suo perchè,  il quadrifoglio centrale formato da quattro cuori con una rosa appoggiata sopra mi lascia letteralmente senza parole.
E vedere consegnare il "libro di grammatica" con quella espressione di soddisfazione...ti fa proprio sentire felice. Certi regali non hanno prezzo!
Sono queste esperienze che ti fanno sentire meglio, ti danno fiducia nel domani, ti fanno capire che la felicità non va cercata lontana,..e posso solo ringraziare per avermi contagiato con il suo entusiasmo facendomi trascorrere una bella giornata di cui conserverò gelosamente il ricordo.
Ora, non resta che fare gli auguri ed iniziare a  mangiare questa torta che sarà sicuramente buona, visto che è la torta mimosa di Pinella, un'altra garanzia...

 
TORTA MIMOSA PINELLA

Ingredienti

5O0 gr uova
350 gr zucchero semolato
300 gr farina
100 gr fecola di patate
vanillina

Montare benissimo le uova con lo zucchero. Poi setacciare la farina con la fecola, unire il tutto,inclusa la vaniglia, al composto montato con un cucchiaione. Imburrare e infarinare una teglia e versare il pan di spagna. Cottura: 20 minuti a 175 gradi con lo sportello chiuso, quindi altri 20 minuti circa lasciando uno spiraglio nel forno.Preparare una crema pasticciera da mezzo litro di latte, molto aromatizzata con la scorza di limone. Farla raffreddare e montarla un pò con il mixer.Montare anche della panna, circa mezzo litro e tenerla da parte.Prendere un barattolo di ananas sciroppato in fette e tagliare le fette a dadini. Tenere il succo da parte. Preparare una bagna al limoncello con 200 gr di zucchero e 140 gr di acqua. Dopo che ha preso il bollore, farla freddare e poi aromatizzarla con un pò di limoncello. A piacere, se ci sono bimbi, togliere il liquore e sostituirlo con il succo dell'ananas.Prendere il pan di spagna, tagliarlo in modo da ottenere uno strato di 2/3 dell'altezza totale e l'altro di 1/3. Prendere lo strato più grosso e asportare tutta la mollica, tenendola da parte. Bagnare con la bagna. Mescolare crema e panna o metà e metà oppure in rapporto diverso a seconda dei gusti. Metterne uno strato dentro al pds. Quindi adagiarvi l'ananas a dadini e ricoprire ancora con crema.Coprire con il disco più sottile e mettere in frigo per alcune ore.Riprendere la torta. Con un coltello seghettato fare come una cupola dal disco superiore in modo che la torta appaia bombata. Spruzzare di bagna. Ricoprire con uno strato di crema e panna.Prendere il pan di spagna rimasto e ridurlo in briciole e ricoprire tutta la torta in modo uniforme.Bagnare con la bagna. Fare asciugare in frigo e decorare con fili esilissimi di cioccolato e ciuffi di panna montata.la torta fatta con i ferrero rocher.

venerdì 25 gennaio 2013

Antichi mestieri: bottaio

Il bottaio era l'artigiano del legno specializzato nella costruzione e nella riparazione di recipienti costituiti da assicelle, doghe di legno, tenute insieme da cerchi di legno  o ferro: botti, castellate, tini, bigonce, mastelli da bucato e secchi. I contenitori destinati alla fermentazione e alla conservazione dell'uva pigiata erano costruiti solitamente in legno di quercia o castagno e qualche volta in ciliegio, utilizzati per la loro flessibilità e  perchè non trasmettevano al prodotto colori o aromi indesiderati.
Il bottaio poteva acquistare le assicelle già sagomate al grezzo in diverse misure e spessori dai commercianti di legname, oppure commissionarne il taglio ai segantini.
Il taglio veniva effettuato a sega o a spacco a seconda delle dimensioni del tronco e del recipiente a cui doveva essere destinato e le assicelle venivano lungamente stagionate in base al loro spessore.
Nel caso di una botte, per dare alle facce maggiori di una doga la forma iniziale di un ottagono lungo e spesso, il bottaio assotigliava la parte superiore e inferiore delle assicelle, prima sul ceppo con la dolatura, pesante ascia  da falegname e poi sul cavalletto, -capra - con il coltello a petto (coltello a due manici).
Per dare poi alle facce laterali l'inclinazione necessaria, le lavorava su una grande pialla posta su un cavalletto  con il tagliente rivolto verso l'alto, controllando ogni tanto  i risultati del  lavoro con un apposito squadro - modano - scelto in relazione alle dimensioni e al tipo  della botte in costruizone
Preparate così le doghe, il bottaio procedeva alla loro curvatura  mediante un prolungato bagno in acqua bollente seguito dalla loro sistemazione in piega sotto un torchio  o tra i denti di una mensola sino a completo raffreddamento. Per assemblare le doghe faceva ricorso invece  a cerchi di sostegno provvisori  e una volta montata e imbastita la botte, scavava il caprugginatoio ai due estremi, nella parte interna, una scanellatura - la capruggine - destinata ad ospitare il bordo dei fondi.
Questi, formati da più doghe unite tra loro da cavicchi di legno o di ferro, venivano segati  in forma circolare in base ad un raggio definito per tentativi muovendo il compasso intorno alla capruggine



e venivano poi lavorati ai bordi per ricavare una ugnatura destinata a inserirsi nella capruggine. Innestati i forndi le botti dovevano essere cerchiate definitivamente  e per questo il bottaio  ricorreva ad un tiracerchi usato come leva per far imbocacre ai cerchi la botte. Comunemente per tenere la botte bastavano sei cerchi di ferro.








mercoledì 23 gennaio 2013

Antichi mestieri: falegname

La bottega del falegname era situata all'interno delle grandi tenute agricole o nei borghi rurali, non lontana da quella del fabbro, in quanto per certi lavori le due attività erano complementari. Il falegname di campagna si avvaleva spesso dell'aiuto di un ragazzo di bottega  (fattorino, garzone) il quale aveva, oltre al compito di pulire, riordinare, piccoli trasporti, commissioni varie, la responsabilità del buon funzionamento della stufa e del controllo del livello dell'acqua del pentolino della colla animale (garavèla), impiegata nelle operazioni di assemblaggio.
Egli realizzava per lo più mobili robusti (madie, credenze, farinai, tavole da pranzo, cassepanche, comodini..), attrezzature per il lavoro contadino (rastrelli, scale, navazze, battitoi per il grano..), infissi o eseguiva riparazioni richieste dalla clientela.
I legni maggiormente utilizzati erano quelli di provenienza locale, come l'olmo, il pioppo, il gelso, il platano, il ciliego, il pero. Si approviggionava di volta in volta il materiale e solo raramente acquistava il legname "in piedi".
La sua attrezzatura era composta da strumenti per segare, piallare, ridurre,misurare e tracciare, forare e rifinire.
Aggiungo io, ricordando il mio nonno Dino, che faceva il falegname mobiliere, la matita rossa e blu sull'orecchio che gli serviva per le misure. Non mancava mai
Usava anche strettoi (morsetti) di legno o metalli, impiegati per il fissaggio per il tempo di presa della colla, o per prove a secco durante le fasi di  lavorazione



Per poter lavorare ogni pezzo era però necessario il banco da falegname



stabile e pesante costruito in legno massiccio di quercia o di olmo. Componenti essenziali erano le due morse, una verticale e una orizzontale, scorrevoli lungo il banco, le feritoie dove fissare cani e granchi per fissare i pezzi da piallare e due fattorini, uno fisso e uno mobile,  per sostenere pezzi di grande dimensione.L'attrezzatura doveva essere mantenuta in perfetto stato: gli strumenti da tagliano venivano affilati con una pietra abrasiva oliata, i denti delle seghe erano affilati con lime di sezione triangolare e quindi allicciati per mezzo di una chiavetta di ferro, la licciaiola.
Strumenti per segare:
sega a lama tesa (saiga), mantenuta nella giusta tensione e angolazione mediante una corda ritorta utilizzata per eseguire tagli lunghi
saracco -   per tagli corti e precisi
gattuccio (sgavlatt) - per eseguire fori ciechi e tagli sagomati

Strumenti per piallare e ridurre:
pialletto, pialla, piallone, speciale pialletto  con il ferro tagliente leggermente arcuato, sponderuola,  incorsatoio, pialletto dentato, raschietto.
una piallatrice







Strumenti per tracciare e misurare:

graffietto, squadra e falsa squadra, compasso e matita

Strumenti per forare:
succhielli, trivelle, menarole detti anche trapani a collo di cigno, punteruolo  a spigoli vivi

Strumenti per rifinire:
serie di scalpelli piani, mazzuoli di legno, martelli e serie di pedani






alcuni oggetti 

il prete da riscaldare il letto insieme alla suora



la grama
il secchiello per la pece o per la colla. La pece veniva usata per rendere impermeabili i pezzi di legno

martedì 22 gennaio 2013

Antichi mestieri: segantino

Il segantino era colui che segava i tronchi degli alberi.
Nel primo decennio del 1900 in Emilia Romagna c'erano 400000 ettari a piantata.
Il  paesaggio della” piantata” era basato sulla coltivazione dei cereali con quella della vite: un sistema che pemetteva di far fronte all’esigenza primaria di alimentare la famiglia del contadino e faceva del podere una unità economica autosufficiente.
La “ piantata “ affonda le sue radici nel lontano periodo comunale e consiste nella divisione dei poderi in campi regolari, di solito lunghi un’ottantina di metri e larghi trenta -quaranta metri , separati da fossi sui bordi dei quali crescono filari di alberi ( olmi, gelsi) cui sono “maritate” le viti.
L’equilibrio del podere coltivato a piantata presuppone una trama di rapporti economici e sociali basati sulla mezzadria: il proprietario fa lavorare la terra al mezzadro fornendogli la casa, gli attrezzi e metà sementi e in cambio riceve la metà del raccolto .
Per mantenere efficienti questi poderi era necessaria una costante manutenzione dei fossi che delimitavano i campi, al fine di scolare le acque piovane e di eliminare i ristagni là dove si formavano.
Lo scavo dei fossi e delle scoline interpoderali e il livellamento delle cavedagne era un lavoro faticoso compiuto dai mezzadri a colpi di vanga e piccone nei mesi invernali , ed erano attentamente scavati in modo da permettere una corretta circolazione delle acque nelle fosse principali.
I filari di alberi, pioppi, olmi, gelsi,era un enorme patrimonio che aveva bisogno di abbattimenti e rinnovi e forniva il legname da costruzione per falegnami, muratori e dava legna da ardere.
I patti colonici di Bologna stabilivano che gli alberi fossero di proprietà dei padroni del terreno; le potature che fornivano legna da ardere e pali erano divise a metà con il contadino; le ceppaie, che rimanevano sui terreni dopo gli abbattimenti, venivano date ai braccianti che, in stagione morta, provvedevano a ridurla in legna da ardere in cambio di un quinto del prodotto e di un litro di vino schietto al giorno.
La legna veniva venduta a volume: un carro.
Il carro era formato da una catasta, che veniva costituita nel posto, che misurava  m. 1,14x1,14x2,28.
I tronchi venivano trasformati in assi da squadre di segantini ambulanti che provenivano dal Trentino. Questi scortecciavano il tronco e ne tracciavano una squadratura, lo sistemavano sulla pietica (castel)

tracciavano le linee guida per gli spessori delle assi, quindi due uomini sotto e uno in piedi, in alto sul tronco, facevano scorrere la lama della sega in quadro (saiga) 

con movimento alternato sulla linea tracciata. La lama segava solo dall'alto al basso, mentre dal basso verso l'alto era un movimento morto fatto staccando leggermente i denti dal taglio.
Per segare trasversalmente un tronco veniva usato un segone a pancia (sgan) azionato da due uomini.
Arnesi del segantino

i manicotti fatti con la pelle di coniglio per riparare le mani dal freddo invernale



Ringrazio il Museo della Civiltà Contadina di Bentivoglio per le notizie fornite ed il lavoro di ricerva svolto.

lunedì 21 gennaio 2013

Sant'Antonio: celebrazioni 2013


Anche quest'anno il fine settimana dedicato a Sant'Antonio! Che fatica, mangiare, mangiare...:)). E' iniziato sabato pomeriggio presso il Museo della Civiltà Contadina di Bentivoglio con l'inaugurazione della nuova ala dedicata agli artigiani di campagna.
Che bella! davvero attrezzata molto bene, con foto, vecchi attrezzi. Un bel lavoro davvero. Il momento dell'inaugurazione

La banda di Vergato che ha allietato la serata con la sua musica 


e balli

il gioco dell'indovina cosa è

e la cena in compagnia
poi è proseguito con la Messa dedicata a Sant'Antonio: i panini da benedire per poi distribuire agli animali sia quadrupedi che bipedi:-)



La benedizione dei panini




e la distribuzione 


Termino in allegria