La donna musulmana ha il sacro dovere dell'obbedienza all'uomo. Nella tranquillità delle sue stanze ella fila, tesse, cuce e si occupa dei bambini. Talvolta, nelle classi più elevate, legge il Corano, sa suonare e cantare. La sua vita non trascorre mai in ozio, anzi spesso i lavori più pesanti sono per lei. E tuttavia per la sua bellezza gli uomini compiono prodigi di valore e compongono appassionati canti d'amore. La donna dell'Islam, schiava e padrona della sua dimora, diventa il simbolo del misterioso e contradditorio Oriente mediterraneo.
UN BAGNO DI BELLEZZA DALLA MATTINA ALLA SERA
Quando la bella musulmana andava al bagno, vi trascorreva di solito tutta la giornata. La schiava le portava una leggera co- lazione verso la metà del giorno, così che le operazioni di bel- lezza non venissero interrotte.
La giornata cominciava al mattino con un lungo bagno seguito da un massaggio generale; poi si passava alla lavatura della testa e alla levigatura dei piedi con la pietra pomice, quindi al trucco del viso: crema, rossetto scuro sulle guance, rosso vivo sulle labbra; depilazione; tintura dei capelli con hennè per- ché acquistassero dei riflessi fulvi. Le sopracciglia erano ripassate con indaco, l'estremità delle palpebre e il giro degli occhi con il nero kohol; i piedi erano tinti di giallo bruno con il succo di un'erba speciale e le unghie con smalto rosso vivo. E finalmente a sera la bella musulmana era pronta.
Tutto questo, naturalmente, avveniva una volta ogni tanto; però la donna musulmana aveva sempre molta cura della propria bellezza perché sapeva che quasi esclusivamente da questa dipendeva il suo potere sul marito.
ORO, DAMASCO, ARGENTO
La vita dell'harem non trascorreva in ozio; le belle mussoline, i
pregiati damaschi e le morbide lane erano infatti tessute nelle lunghe ore che la donna trascorreva in casa. Con queste belle stoffe la donna musulmana preparava il suo vestito: larghi calzoni e una camicia di tela variamente colorata che costituivano il suo abbigliamento intimo. Sopra indossava una veste senza maniche o con le maniche cortissime, una spe- cie di sopravveste, che portava soltanto per uscire. Come accessori aveva corsetti aderenti, riccamente ricamati, con strisce di galloni d'oro e d'argento e cinture di colori brillanti.
ACCONCIATURE DI SETA
I capelli nerissimi erano pettinati in fogge diverse: potevano essere tagliati a frangia sulla fronte e raccolti in trecce ricadenti sulle spalle, oppure lasciavano sfuggire i riccioli ai lati del capo e venivano raccolti poi sulle spalle. Molto spesso erano in- trecciati con lucidi fili di seta nera che servivano ad aumentare il volume della chioma e a darle uno splendore innaturale, ma di grande effetto. Il copricapo non era un vero e proprio turbante, ma una strana acconciatura di stoffa, tra il berretto e il turbante, arricchita da galloni, ricami e pietre dure.
SILENZIOSA E VELATA
Naturalmente anche le calzature erano intonate a questo abbigliamento e invece di vere scarpe la bella musulmana portava delle pantofole leggere, morbide e silenziose così che il riposo del padrone e signore non venisse turbato dal minimo rumore. Nell'VIII secolo venne in uso il velo, il famoso velo che avvolse la donna musulmana dal capo ai piedi lasciando fuori soltanto gli occhi. Nessun occhio maschile doveva fissare un volto femminile; anche lo sposo poteva vedere la sposa soltanto dopo le nozze. Il Corano ammoniva la fanciulla musulmana sorpresa nel bagno a coprirsi per prima cosa il volto...
Eppure gli sguardi ammaliatori di quegli occhi neri, volutamente ingranditi con il kohol, bastavano per far innamorare qualunque uomo.
Un originale, preziosissimo vaso di vetro colorato. Probabilmente in esso venivano custoditi i profumi indispensabili al l'elaborata toeletta della donna islamica.
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