venerdì 18 gennaio 2013

Bracciatelli salati

Questa è una ricetta di Gisella Mancini, che pubblicò su "il Cortile delle Matte". Riporto fedelmente quanto scritto da lei, anche perchè io non sarei capace di spiegarlo meglio.
"Qua a Pesaro viene chiamato bussolà e otre che d'usanza nella ricorrenza di Sant'Antonio abate, era comune anche presso i marinai e mia madre lo faceva anche per mio padre, quando usciva col trabaccolo e navigava lungo le coste dell'Albania restando fuori qualche giorno coi suoi marinai. Era comodo come pane perché era secco e oltretutto non veniva stipato, ma appeso con una corda che passava attraverso il foro del bracciatello e quindi lontano da umidità e soprattutto dai topi. Bussolà nome antico, deformazione di un termine che significava biscotto; bracciatello perché attraverso il suo foro ci passa un braccio".
L'ho fatto ieri sera, mentre facevo anche i nostri panini di S.Antonio, a noi è piaciuto molto. Buonissimo anche questa mattina.


Bussolà o bracciatello duro

Ingredienti

500 g farina di forza
1 cubetto di lievito di birra
4 cucchiai di olio extravergine di oliva 
(volendo, anche di più: aumenta la friabilità)
sale q.b.
acqua tiepida, quanto basta a fare un impasto morbido, ma ben lavorabile.
(c'è chi ci aggiunge pepe nero, semi di finocchio...)

Far lievitare, quindi formare delle ciambelle grandi quanto un braccio, far lievitare, coperte, per circa un'ora, quindi cuocere in forno già caldo a 200°, con una ciotola d'acqua sul fondo, fino a doratura.
Non posso quantificare il tempo, perché mia mamma li preparava nel forno della cucina economica, a legna e nelle sue ricette non c'è scritto.
Sono ciambelle da bagnare, quindi adatte alle zuppe di pesce, ma che si bagnano anche nel vino.

...e intanto fuori nevica...


giovedì 17 gennaio 2013

Sant'Antonio Abate



Sant'Antonio Abate: dopo avervi parlato abbondantemente delle nostre tradizioni  qui , qui  e qui, oggi voglio raccontare delle usanze che sono venuta a conoscenza, facendo varie ricerche per conoscere come viene festeggiato in altre zone.
Molte tradizioni regionali sono legate a questa data, per la caratteristica cerimonia religiosa in cui si benedicono gli animali, per i falò che illuminano la notte invernale.
Campobasso dedica la sua chiesa più antica a questo santo .
I campobassani doc sono detti "sant'antunari". Dimostrano la loro devozione a sant'Antonio con l'accensione di un grande falò davanti alla chiesa, alimentato, un tempo, anche da tutti coloro che partecipavano, portando un ciocco di legno per renderlo più grande e luminoso (da noi si ha questa usanza la sera della Vigilia di Pasqua, dove portiamo tutti i rametti di ulivo secchi che alimentano il fuoco che accenderà il cero). A sera, nel tornare a casa, si prendeva un pò di fuoco, non solo per scaldarsi e illuminare la strada, ma anche come atto di devozione.
In molte famiglie contadine, nel giorno di Sant'Antonio, si  uccideva il maiale e, mentre " u povere cicche" stava appeso all'aria gelida della notte, si festeggiava lodando la bontà della carne, giocando a scopone, facendo "la passatella" e mangiando, tra un bicchiere e l'altro, lupini, olive e finocchi.
Da noi si usa fare i panini di Sant'Antonio, che una volta venivano conservati nel caso gli animali si ammalassero, mentre il piatto tipico della cucina molisana è  un piatto di pasta caratterizzaro da un impasto di farina di semola e acqua (a volte anche con patate), hanno una forma allungata con una incavatura all'interio, condito con un sugo a base di carne di maiale, ricco e vario chiamato "cavatielle e carne e' puorche".


martedì 15 gennaio 2013

Piadine di Polenta


Questa è una ricetta di Gisella Mancini, è una ottima ricetta riciclo. L'avevo vista tempo fa su Il cortile delle matte e mi aveva subito attirato. Poi sono passati mesi, quando ieri mi è tornata in mente. Così ho deciso, fatto la polenta per il mezzo giorno e trasformata in piadina per la sera. E' davvero buona! certo un poco diversa dalla tradizionale, però devo dire che mio marito ha lasciato da parte il pane fresco, per accompagnare la cena con queste.  Sono le ricette che adoro, mi trasportano nel passato, dove non si buttava nulla e a tutti gli avanzi si cambiava faccia rendendoli appettitosi e anche migliori della loro originale versione. Ad un certo punto della cena, è uscito che mio marito, quando ancora non si sapeva (qui) cosa fosse la piadina, lui l'aveva inventata, perchè quando la nonna preparava la sfoglia, lui ne metteva un pezzetto tirato sulla stufa a legna e la mangiava.). Evidentemente ha trasportato indietro anche lui:-)).
E' una ricetta da tenere sicuramente presente!! Grazie Gisella!

"Piadine" di polenta 

Ingredienti
Polenta soda avanzata 
(non condita, al massimo, solo con un po' di formaggio dentro l'impasto) 
Farina tipo 0 metà peso della polenta 
Un poco di lievito per torte salate
 (a seconda della quantità di polenta e farina) 
Sale 
a piacere, salvia o rosmarino tritati finissimi

Impastare nel robot la polenta con la farina, il sale (e le erbe) fino ad avere un composto omogeneo, morbido, non appiccicoso (eventualmente impastare a mano con un poco di farina). 

Formare le palline 

stenderle e cuocerle poi su piastra molto calda, come le normali piadine.

Si mangiano calde, con salumi, salsiccia, stracchino, erbe di campo ripassate in padella. 
Se invece del sale ci si mette un poco di zucchero, si friggono e si spolverano di zucchero semolato; si mangiano così, o con marmellata, nutella…

lunedì 14 gennaio 2013

Hanno previsto neve...

e io mi attrezzo.-). Scherzi a parte, questo igloo l'avevo visto su facebook e mi è sembrato subito simpatico, quindi l'ho rifatto per l'ultima sera dell'anno. Avrei potuto rifinirlo meglio, ma è stato un giorno un poco convulso:).
Si tratta di una semplicissima insalata russa, la solita che faccio, della mia mamma, messa in una ciotola rotonda ricoperta di pellicola. Lasciata in frigorifero per qualche ora, poi capovolta sul piatto da portata e ricoperta di pane da tramezzino, formando l'igloo.
Un'idea carina, veloce, per servire un solito piatto in modo diverso. 

mercoledì 9 gennaio 2013

i miei bignè


Questi bignè li imparai ad un corso di pasticceria. Da allora non ho mai smesso di farli, danno ottimi soddisfazione e vengono quasi sempre. Quasi, perchè, per la prima volta questa , non mi sono cresciuti,ma sicuramente l'errore è stato di rimescolare poco l'impasto. Infati, questi sono venuti benissimi, quando ho rimediato. Questa versione natalizia li ho fatti per la sera dell'ultimo dell'anno, accompagnati ad altri ripieni di crema. Il maestro pasticere ci consiglio di non fare glasse stucchevoli sopra, ma semplicemente, di cospargere di zucchero a velo quelli con la crema e di cacao gli altri. E io da brava allieva eseguo:).

I miei bignè 

Ingredienti

500 gr acqua
400 gr burro
500 gr farina
15 uova
10 gr sale

Cuocere insieme acqua sale e burro. Versare la farina in un solo colpo, fare cuocere finchè non forma la palla. Spegnere e incorporare le uova una alla volta e molto velocemente. Non aggiungere l'uovo successivo se il precedente non è stato ben amalgamato. Prendere un sac a poche e formare i bignè su una teglia rivestita di carta forno. Cuocere in forno caldo a 180 gradi finchè non sono ben asciutti. Non aprire durante la cottura.
Si possono congelare vuoti, sono sempre ottimi.

martedì 8 gennaio 2013

Cake Pops al cioccolato


Sempre dal corso di mia figlia di Gino Fabbri. Carinissimo questo pupazzino di neve, ha forse gli occhi un poco grandi, ma credo che nemmeno io sarei stata capace di fare meglio, anzi ne sono sicura. Pensare che hanno fatto tutti i ragazzi, c'è da complimentarsi con loro.
L'impasto delle cake pops era squisito!!

Cake pops al cioccolato

Ingredienti cake

75 gr burro
150 gr zucchero
1 uovo
90 gr farina
5 gr lieivito
1 gr sodio bicarbonato
40 gr cacao

Ingredienti frosting

60 gr burro
mezza bacca vaniglia
125 gr zucchero a velo
13 gr cacao
5 g latte

Scaldare il forno a 170 gradi. Mescolare burro e zucchero finchè il composto non risulta bianco e soffice. Aggiungere l'uovo e la vaniglia estratta dalla bacca. Aggiungere le polveri già setacciate in tre volte e alternandole con il latte. Mettere il composto in una tortiera imburrata e cuocere fino a quando piantando uno stecchino al centro questo ne uscirà pulito (circa 40 minuti). Lasciare raffreddare completamente.
Preparare il frosting:
mescolare burro, vaniglia e zucchero aggiunto  piano. Aggiungere il cacao e per ultimo il latte. Mescolare cake e frosting. Fare le formine e lasciare raffreddare. Ricoprire con il cioccolato e decorare.

lunedì 7 gennaio 2013

Cupcakes alla vaniglia

Mia figlia ha fatto un corso, durante le feste natalizie, da Gino Fabbri. Oltre ad essere il miglior maestro pasticcere in assoluto , ha deciso di tenere questi corsi per bambini e ragazzi per avvicinarli alla pasticceria e farli divertire. Un grande insomma! La mia peste e i suoi amici si sono divertiti tantissimo, erano soddisfattissimi del loro operato e non gli si poteva che dare ragione. Hanno realizzato cupcakes, biscotti e cakepops, uno più bello dell'altro e migliore dell'altro. Proprio una bella esperienza che consiglio di provare per chi può.

Cupcakes alla vaniglia

Ingredienti

200 gr burro morbido
200 gr zucchero di canna
4 uova
200 gr farina
150 gr di perle di cioccolato
6 gr lievito
1 bacca di vaniglia

Mescolare burro, zucchero e vaniglia (estrarre i semini incidendo la bacca per il lungo) fino a quando il composto risulta cremoso e soffice. Aggiungere lentamente le uova tenute a temperatura ambiente per 10 minuti. Aggiungere lentamente la farina setacciata con il lievito e per ultimo le perle di cioccolato.Riempire i pirottini da cupcakes per 2/3. Cuocere in forno a 200 gradi per circa 12-15 minuti. Decorare con glassa al burro e figure di pasta di zucchero o cioccolato plastico.




domenica 6 gennaio 2013

Pizza della befana


Questa sera ho avuto amici a cena, non sapevo cosa preparare, anche perchè si arriva dalle feste con la pancia strapiena, si è mangiato di tutto e non si ha voglia di niente. Ho deciso, essendoci anche dei bambini, di fare la pizza...bè diciamo che per la bambina grande (che sarei io:)) la pizza è sempre la preferita, quindi mi sono fatta la befana da sola:).
Ho voluta vestirla a festa, quindi l'ho fatta a forma di calza, poi cotta nel forno a legna, ha assunto proprio in pieno la tonalità della festa:). Anche un poco di carbone:). Scherzi a parte è stranamente venuta ottima (stranamente perchè non è sempre facile indovinare la cottura con il forno). Ho fatto la solita ricetta ma con alcune variazioni dovute alla babbionite che mi ha preso ultimamente. Diciamo che mi sono sbagliata a pesare  ed ho aggiunto della farina manitoba. Bè, se tutti gli errori portano a questo risultato, bene vengano...e Buona Befana!!

Pizza della Befana

Ingredienti
900 gr farina 0
100 gr farina manitoba
100 gr fecola
100 gr olio
sale
25 gr lievito di birra
acqua e latte
un cucchiaino di zucchero

Sciogliere il lievito in poca acqua con lo zucchero poi impastare tutti gli ingredienti insieme, io ho fatto circa metà acqua e metà latte, finchè non si ha un impasto che non attacca ma soffice. Formare subito la pizza e lasciare lievitare per 2-.3 ore in forno spento. 
Quando risulta ben lievitata
farcirla  a piacere e cuocere in forno molto caldo per 10-15 minuti. 

Epifania

Nella notte arrivano i Re Magi e portano i doni...come la nostra amata e tanto cara Befana. Ai bambini più piccoli dedico questa filastrocca e buona befana a tutti!


Zitti, zitti presto a letto
la befana è qui sul tetto,
sta guardando dal camino
se già dorme ogni bambino,
se la calza è ben appesa,
se la luce è ancora accesa!
Quando scende?
Appena è sola!
Svelti, svelti sotto le lenzuola!
Li chiudete o no quegli occhi?
Se non siete più che buoni niente dolci ne balocchi,
solo cenere e carbone


giovedì 3 gennaio 2013

La leggenda del vischio

 
 
Stavo sfogliando un vecchio giornale che acquistai tempo fa "La vispa Teresa" che risale al 1940 circa e vi ho trovato questa leggenda, che mi è molto piaciuta. La trascrivo, dovesse mai interessarvi .
 
La leggenda del vischio

A primavera il regno del Norico, nel cuore delle Alpi, era tutto in festa, perchè con l'ultimo sfiorire dei meli e col primo fiorire delle rose, era nato un bimbo ai sovrani non più giovani, e la reggia, dopo tanti anni di silenzio e di vana attesa, risuonava di un vagito.
Cavalieri, marchesani e sapienti andavano a psso felpato sin presso il trono, per congratularsi col re, e per porgergli auguri pel principino Bardo, nato robusto e bellissimo, con la testolina coperta di peluria bionda, e con gli occhi aperti che promettevano diventare d'un azzurro cielo. Un vecchio mago, fedelissimo al sovrano, ed esultante al pari di lui, volle offrire un suo dono singolare:
- Sire, io incontrerò i sassi, gli animali, le piante e tutte le cose perchè non possano mai recare danno al principino.
- Grazie, Hermo.
Il vegliardo veglià molte notti, per compiere quella magia, e quando Bardo venne portato all'aria e al sole, quando cominciò a muovere i primi passi, quando seppe giocare tra le aiuole del giardino, si accorse con grande conforto, che nè il vento, nè i sassolini in cui inciampava, nè le spine delle rose potevano fargli male: Bardo cresceva leggiadro e vigoroso, nell'areola dei suo capelli d'oro, nell'azzurrità degli occhi ridenti, nella grazia del volto rosato; ed era anche nobile e generoso, così da prevedere che il suo sarebbe stato un regno felice, anche perchè i sudditi già l'adoravano. Ma, durante l'inverno il re e la regina, per consiglio di Hermo, trattenevano il principe nella reggia, o gli concedevano soltanto di attraversare le città, vietandogli di salire al monte o di entrare nei boschi.
- Mestà - aveva avvertito il vergliardo - ho fatto incantesimo di primavera , quindi il vischio non cresce, ed è questo il solo cespuglio capace di ferire l'erede.
Il divieto non garbava a Bardo il Norico, e gli piacque ancora meno quando crebbe, toccando i venti anni: durante le diffuse nevicate invernali, egli volgeva gli occhi verso le selve di pini e di abeti, meravigliose sotto biaccoli argentati, e che apparivano incantate quando il cielo si rasserenava, stagliate, così nell'azzurro.
Un giorno, eludendo la vigilanza della guardia del corpo, si inerpicò solo per il sentiero che saliva verso la foresta; e non vi era giunto, quando vide uscire una fanciulla, vestita d'ermellino, più bionda di lui, ma con gli occhi bruni, marezzati d'oro, come l'ombra della selva.
- Chi sei?
- Stellaria dei conti di Lariceto.
Egli, conosceva il nome di quel castello, e si dolse che la giovinetta non fosse mai intervenuta alle feste invernali della reggia; e più tardi ne parlò a sua madre.
- Inviteremo la contessina, ma tu non arrischiarti più sin ai boschi durante l'inverno.
I giovani si rividero molte volte durante conviti, danze, eleganti conversari, ma il sentimento id Bardo si fece talmente profondo da desiderare divedere la fanciulla anche nel castello di Lariceto annidato tra i boschi. E oblioso degli ordini paterni, dopo una nevicata che aveva ovattato tutte le montagne, egli inforcò il suo cavallo bianco, e se ne andò al piccolo trotto verso la selva, e vi entrò, subitamente commosso dalla bellezza fantastica di quel paesaggio, dove gli alberi sempreverdi lucevano ingioiellati di fiocchi, di diaccioli, di festoni sotto un raggio di sole che si scioglieva dalle nuvole.
- Stellaria abita davvero in un plaga di sogno.
Poi si accorse che era partito dalla reggia senza portarle neppure un gioiello, neppure un fiore, e perplesso, volse lo sguardo intorno: ed ecco là, sopra un vecchio larice un cespuglio d'una grazia incomparabile, con le piccole foglie oblunghe, ma tondeggianti nell'orlo, sparse di neve: era un ciuffo di vischio, a quei tempi privo delle perline bianche che lo rende tanto pittoresco.
Tuttavia piacque al principe Bardo per la grazia del fogliame e volle offrirne un grosso cespo alla sua fanciulla; si reclinò sulla sella sporgendosi verso l'albero per afferrare il fusto del vischio con la mano sinistra, e sentendolo tenace, sguainò la spada con la destra e lo recise alla base.
Se lo pose davanti sul collo del cavallo, ma l'umore colloso , che defluiva dal ramo reciso, gli scivolò nel palmo, dandogli un brivido, un sussulto: e si reclinò inerte con le mani immote sulla briglia allentata.Tuttavia, l'intelligente animale non si impennò, e dopo aver fiutato l'aria con un lungo nitrito, si volse, e ripercorse piano piano la strada verso la reggia.
- Altezza!
- Principe!
- Bardo!
Nessuno voleva credere ai propri occhi, quando lo tirarono giù di sella, senza vita, col ceppo verde quasi attaccato alle mani e al giustacuore.
- ah! Il vischio!
Hermo, il sapiente si disperò, ed invano aperse tutti i suoi libri prodigiosi, invano consultò le stelle: non gli giungevano che il singhiozzo disperato del re, e la voce della regina che, pur senza pianto, non cessava di pronunciare con ineffabile strazio il nome del figlio:
- Bardo...Bardo...Bardo...
Nelle piazze, nelle vie il popolo si assiepava, impietrito, scostandosi solo per far ala agli araldi, mandati per tutto il Norico ad annunciare la morte del principe, e il decreto del sovrano che voleva deposti in un'urna, nella camera ardente, tutti i gioielli della corona, perchè ormai nessuno li avrebbe più portati.
Quando la notizia giunse nel castello di Lariceto, Stellaria scolorò tutta,e, nel suo chiuso dolore, non alzò neppure un lamento, m si avvolse dalla testa ai piedi in velo candido, e uscì tacita oltre il ponte levatoio, oltre le selve, sin ad infilare un sentiero che conduceva alla misteriosa dimora di Manato, il messaggero della morte, che conduce i defunti nell'oltretomba.
Ella aveva veduto in sogno quella via, e la forza prodigiosa del dolore gliela fece ritrovare senza eccessiva difficoltà.
Vi giunse al tramonto, e la porta vietata ai vivi pareva anche più oscura e paurosa.; ma Stellaria alzò l'esile mano e vibrò venti colpi, quanti erano gli occhi del principe.
Menato, che vedeva anche oltre le porte chiuse, chiese in un soffio:
- Che vuoi Stellaria?
- Offrirti la mia vita per quella del principe Bardo.
- Non posso accettare.
Ella implorò:
- Non portarlo con te! Fa che si ridesti dal sonno nella camera ardente: ti darò i miei capelli, i miei occhi, la mia giovinezza; andrò cieca e avizzita per il mondo, purchè tu lasci Bardo al suo popolo.

Manato alitò:
- Reca ai poveri gli inutili gioielli della corona chiusi nell'urna e fa in modo che tutti piangano di sincero affetto per lui: solo allora potrà ridestarsi. Affrettati!
Stellaria corse via: sentieri, selve, monti, la videro saettare su alla reggia, dove entrò d'impeto, scostando le guardie, sin ai piedi della regina che non si discostava dalla salma del figlio, che non si volse neppure a guardarla.
Eppure l'ascoltò, e con tremula mano aperse l'urna preziosa:
- Prendili, fanciulla: un sorriso di Bardo vale più di tutti i tesori del mondo.
Allora Stellaria, scese tra il popolo, seguita da due saggi che reggevano l'urna colma di gioie: si avvicinò ad un povero e gli pose nel palmo un rubino; diede ad un altro uno zaffiro, ad una mendicante carica di figli una collana di perle; e cercò altri sventurati nelle case più povere, ed a tutti diceva:
. Questo è un dono di Bardo.
Poi volle che Hermo inviasse offerte ad altri infelici di città e borgate più lontane, e fece sciamare gli araldi nelle casipole disperse, e promise la costruzione di ospedali, di ricoveri di scuole.
- E' il principe Bardo che vi desidera felici.
Una commozione profonda si diffondeva fra il popolo: per prime le madri lasciarono scorrere lacrime di nostalgia, poi i bimbi pregarono coi lucciconi agli occhi, ed i vecchi, gli uomini non seppero trattenere il pianto.
E passavano così in una sfilata interminabile nella camera ardente dove il principe giaceva: lì ai suoi piedi v'era il gran ceppo di vischiao che egli aveva voluto cogliere per Stellaria: e le lacrime della folla cadevano sopra costellandolo di innumerevoli perline opalescenti: e quando ne fu tutto pieno, le lunghe ciglia di Bardo ebbero un fremito, e si alzarono a poco a poco sugli occhi azzurri. Egli guardò sua madre, suo padre, e quando scorse la fanciulla, sorrise e si mosse.
- Ora sì posso offrirti il vischio come promessa di nozze.
E da quei tempi i cespi furono sempre cosparsi di perle chiare.


martedì 1 gennaio 2013

1 Gennaio

Sfogliando un mio vecchio libro sulle tradizioni di Bologna, una raccolta che feci tanti tanti anni fa, stavo leggendo quello che riguardava il mese di gennaio e mi è sembrato molto piacevole rileggere queste usanze, che non del tutto, ma sono ormai scomparse. E' per questo che voglio riportarle, magari ridestando qualche piacevole ricordo del passato. Per esempio io ricordo sempre con dolcezza, quando, il primo gennaio, i bambini maschi venivano a suonare alla nostra porta per farci gli auguri per il nuovo anno e noi contraccambiavamo con gli spicciolini che iniziavamo a tenere da parte fin da prima di Natale. I più fortunati ricevevano le 20 lire, la monetina dorata. Pensarci adesso alle 20 lire viene da ridere, ma allora ( e nemmeno troppi anni fa, parlo degli anni '60) era proprio un bel "maghetto" ( per chi non fosse di Bologna, traducasi malloppo:)).
Alcuni anni non vennero tanti bambini e questo pareva essere di cattivo auspicio per l'anno iniziato.
Peccato si sia smarrita questa usanza.
Passo a quanto scritto sul libro, rinnovando ancora a tutti i migliori auguri per il 2013.

Capodanno. Il cambio dell'anno è sempre stato occasione di dar sfogo al desiderio di conoscere il futuro. Anche in passato  c'erano indovini, maghi e preveggenti, lunari almanacchi e pronostici, ma si riconosceva saggiamente che

al lunèri da bisàca
al i acòi quand al i aciapa;
al i aciapa quand al i acòi,
dapp a l'acqua al met al mòi
 
(il lunario "tascabile", domestico, ci prende quando ci indovina; e ci indovina quando ci prende, dopo l'acqua mette il bagnato).

Ci si fidava più dei segni, un modo oltrettutto più economico e personalizzato. Così si stava attenti a chi s'incontrava per primo uscendo di casa o a chi si riceveva in casa. Se era una donna, apriti cielo. Se è un uomo, buon segno per le ragazze da marito; se più uomini, la fortuna aumenta. Se un gobbo, fortunissima; prete gobbo, il massimo. Ma prete normale no, attira guai. Donna gobba, guai tanti che per evitarli è meglio sputarle dietro. Un giovane meglio di un anziano. Tre giovani, molto bene: e se si riesce ad ascoltare quello che dicono, se ne possono trarre auspici. Incontrare un povero porta sfortuna.
E' giorno di visite beneauguranti, se si regalano fiori, che non abbiano spine.
(come dicevo prima) Gran giorno anche per i bimbi, mandati in avanscopertaa fare gli auguri, un'usanza in voga fino a poco tempo fa in tutta la regione e completamente scomparsa (a Modena era la detta la magadèla, in Toscana la befanata, in Romagna pasquella). Brigate di ragazzi (in qualche luogo il 24 dicembre, altrove il 6 gennaio, i figli dei braccianti il giovedì grasso) forniti di una bisacca bussano alle porte delle case augurando buon principio e buon proseguimento.  Sono attesi dalle donne, che hanno tenuto in serbo per loro i frutti autunnali (mele, castagne secche, noci, nocciole, prasecchi) e a volta qualcosa di compro (mandarini, fichi secchi) o qualche soldino. Era una questua in piena regola, di cui non vergognarsi, proprio perchè nel segno della festa religiosa del Natale, e oggi ovviamente superflua perchè ogni giorno è Natale o befana, per i bambini. In campagna anche i giovani passavano di casa in casa a fare gli auguri e ricevevano un dolcetto e un bicchier di vino.
Si comincia a potare la vite, secondo il principio: "povera fammi che ti farò ricco; ma non dev'essere bagnata e non si deve potare in giorni che abbiano la erre. E' il mese più freddo, sempre rappresentato da un vecchietto intirizzito (e dire che l'anno è appena bambino): Zner, znaròn la neiv la dis dabòn (Nevica davvero); Zner cum al cata al lassa (lascia il tempo che trova, cioè il freddo continua); zner fa al pont, febrèr al romp ma n'al romp mai ben se merz an ven (gennaio mette il ghiaccio, febbraio comincia a scioglierlo, ma per finire il lavoro ci vuole marzo).
E' anche il mese in cui i gatti vanno in fregola e anzichè miagolare sembrano ululare sui tetti: Znèr, gater. Il primo dell'anno come usanza , si mangia qualche chicco di uva conservato per l'occasione: porta fortuna per tutto l'anno.

Benvenuto 2013!!! AUGURII!!


 
E'arrivato un nuovo anno: abbiamo appena aperto la scatola, chissà che sorprese ci riserverà. Mi auguro che, oltre alla salute, cosa più importante ci sappia donare tranquillità, lavoro e serenità. Questo è l'augurio che voglio fare, l'ho trovato su internet e l'ho fatto mio:
 
This new year may all your troubles  vanish like magic.
May you reach out to great glories and achieve all that you desire.
Best wishes!
 


venerdì 28 dicembre 2012

Cestini di crudo

Questi cestini li ho mangiati il giorno di Natale e per Santo Stefano li ho subito rifatti dal gran che mi sono piaciuti. Non ho rispettato la ricetta originale che chiamava robiola e pere, perchè non le avevo in casa, l'ho sostituito con stracchino e mele e aggiunto melagrana, ma erano squisiti ugualmente. Sono anche molto veloci da fare. Le dosi sono ad occhio.

Cestini di crudo
 
 
Ingredienti
 
fette di prosciutto crudo
stracchino
mele
melagrana
 
Rivestire uno stampino da mini muffin con le fette di prosciutto (oppure dei pirottini di carta) e metterlo in forno per 15 minuti. Togliere i cestini dagli stampi e riempire con formaggio e la frutta tagliata a dadini. Buoni tiepidi, squisiti freddi.


mercoledì 26 dicembre 2012

Dolce presepe

Foto
 
 
Questo è il presepe di  biscotto che hanno fatto i bambini durante il laboratorio di Natale; è tanto  semplice quanto affettuoso, di una terezza incredibile. E' realizzato in pasta di biscotto al miele.  Una buona pasta, anche se mi è risultata un poco morbida, probabilmente dovuto alle uova che erano molto grandi.
 
Biscotto al miele
 
Ingredienti
 
170 gr farina
1 uovo
3 gr di lievito
cannella
1 uovo
25 gr miele
70 gr zucchero
 
 
Impastare tutto insieme. Fare riposare e quindi lavorare come per biscotti normali. Ritagliare le formine prescelte. Cuocere in forno a 170 gradi senza fare biscottare, per una decina di minuti.

 


martedì 25 dicembre 2012

Buon Natale

Questa la mia casina di pampepato che da quando Alda me la insegnò, non manca mai sulla nostra tavola natalizia. Quest'anno l'abbiamo fatto semplice, un poco austera, come il periodo che stiamo vivendo, però a me è sembrata carinissima ugualmente. E' con questa, che in un momento difficile per tanti di noi, vi auguro un Natale semplice, che possa riempire i vostri cuori di tanto affetto da poter condividere con le persone che vi circondano con scambio di pacchettini contenenti tanti luminosi e affettuosi sorrisi da poter cancellare ogni ombra dal vostro viso.

 
BUON NATALE, MERRY CHRISTMAS, Joyeux Noel, Shub Naya Baras
Feliz Navidad, Fröhliche Weihnachten, Pozdrevlyayu s prazdnikom Rozhdestva is Novim Godom, Kung His Hsin Nien bing Chu Shen Tan




lunedì 24 dicembre 2012

Vigilia secondo tradizione

Oggi Vigilia. Si avvicina, anzi ormai ci siamo, Natale e come ogni anno tutto secondo tradizione. Se non si riscoprono le tradizioni a Natale, quando?
Oggi abbiamo mangiato senza apparecchiare la tavola, come da usanza di casa di mio marito e solo baccalà fritto, senza pasta. Questa sera,dopo aver recitato il rosario con la famiglia (ristretta, solo i componenti della casa potevano partecipare, io ho potuto assistervi solo da sposata. Noi ora, ci troviamo con la famiglia di mio cognato e mia mamma), ci si siede alla tavola apparecchiata a festa. Il menu tradizionale di mia suocera era composto da : spaghetti al tonno, baccalà fritto, anguilla in umido, panone, prugne secche con in mezzo una noce..e tavola rigorosamente lasciata apparecchiata per l'arrivo di Gesù.  La nostra cena invece è variata per aver sostituito il tonno con le vongole e aver eliminato l'anguilla, perchè a noi non piace.
Ma non è mancato il momento delle stelline con "Natale" lo "zocco", ovvero il ceppo, di legno grosso, che bruciando, ti porta al giorno di Natale. Picchiandoci contro con il ferro si sprigionano tante scintille, le stelline, che ti indicano la quantità delle cose che richiedi. Picchiando e dicento tanta salute tanta salute, si vede se si starà bene o meno. Dicendo tanti soldi tanti soldi si vede se ci sarà benessere...e così via. Certo, sono tutte vecchie usanze, ma carine da mantenere e anche divertenti!
Un momento da condividere in allegria in famiglia.
 

venerdì 21 dicembre 2012

Che meraviglia!! Profezia Maya

Riescono sempre a stupirmi e oggi a maggior ragione, non poteva mancare la fine del calendario Maya.Sono bravissimi. Ieri avevano la pagina dedicata a I fratelli Greem e oggi questo. Complimenti a chi realizza queste idee!! davvero bravi! Riporto anche la storia dei calendari Maya, così attendiamo insieme le 11,11.). Spero solo che non vi saranno episodi di isteria collettiva (anche se non mi toccheranno perchè io sarò nella mia casetta.)) e che nessuno arrivi a gesti estremi preso dalla paura. Per il resto...ci rivedremo più tardi, promesso!
IL TUTTO DA GOOGLE

Fine del calendario Maya Doodle di Google oggi 21 12 12 | STORIA

Scritto da: Silvio Arancio il 21 dicembre 2012in Google1 Commento

Fine del calendario Maya, oggi, 21 12 12, Doodle di Google dedicato, guarda caso, alla fine del mondo ed alla profezia Maya. STORIA

Fine del calendario Maya o se vogliamo, fine di uno dei tre cicli compiuti. si perché per i Maya, il calcolo del tempo comportava il passaggio da un’era all’altra.

Il passaggio da un’era all’altra peri Maya è segnato da cambiamenti, in questo momento, per il calendario Maya siamo secondo la mitologia Maya nel quarto, è iniziato l’11 agosto 3114 a.C ed è molto vicino al termine: il nuovo ciclo inizierà il 21 dicembre 2012.

Ma vediamo le tre ere che portano oggi, come conseguenza, al passaggio in un’era di cambiamento ed a quella che è notoriamente conosciuta come la fine del “calendario Maya”, le tre ere sono divise in tre cicli:
il ciclo Tzolkin aveva una durata di 260 giorni.
il ciclo Haab aveva una durata di 360 giorni, più i “cinque giorni fuori dal tempo”.
il Lungo computo indicava il numero di giorni dall’inizio dell’era maya.

Ad esempio, la data del 5 luglio 2006, espressa nel calendario maya, è: 9 Caunac (Tzolkin), 12 Tzec (Haab), 12.19.13.7.19 (Lungo computo).

Il ciclo Tzolkin, lungo 260 giorni, era un calendario religioso basato su due cicli più brevi, uno di 13 giorni e un altro di 20. La combinazione di questi due cicli formava un ciclo di 260 giorni (13×20 = 260), il ciclo Tzolkin appunto.

Il ciclo Haab, lungo 360 giorni, era un calendario civile legato al ciclo delle stagioni. Era composto da 18 “mesi” di 20 giorni, con i seguenti nomi: Pop, Uo, Zip, Zotz, Tzec, Xul, Yaxkin, Mol, Chen, Yax, Zac, Ceh, Mac, Kankin, Muan, Pax, Kayab, Cumku. A questi si aggiungevano 5 giorni chiamati Uayeb, con i quali si raggiungeva la durata di 365 giorni: questi 5 giorni erano considerati particolarmente sfortunati.

Non si usava numerare gli “anni” né del ciclo Tzolkin, né del ciclo Haab. Invece si utilizzava il Lungo computo: una numerazione progressiva dei giorni in un sistema di numerazione posizionalemisto in base 13, 18 e 20. Precisamente si trattava di un numero di cinque “cifre”: la prima (quella delle “unità”) in base 20, la seconda (le “decine”) in base 18, la terza e la quarta di nuovo in base 20, la quinta in base 13. Queste “cifre” si scrivono da sinistra a destra, come per i numeri arabi; nella notazione moderna, si scrivono i numeri corrispondenti separati da punti, ad esempio 12.19.13.7.18 (corrispondente al 4 luglio 2006)”.

Da ANSA:
''Innanzitutto - spiega Della Valle - i Maya scandivano il tempo basandosi sul numero 20 e i suoi multipli (perche' i Maya contavano considerando le dita di mani e piedi). Il loro mese quindi era di 20 giorni. Dopo il mese, vi era l'anno, chiamato Tun, che corrispondeva a 360 giorni del nostro calendario''. Dopo l'anno, anziche' avere secoli o millenni, ''i Maya - aggiunge Della Valle - avevano il K'Atun che corrispondeva a 20 Tun (equivalenti a 7.200 giorni). Dopo il K'Atun c'era il B'ak'Tun equivalente a 144.000 giorni''. In questo modo di scandire il tempo come si inserisce la data del 21 dicembre 2012.
''Secondo i Maya sottolinea Della Valle - il mondo e' iniziato in un momento che corrisponde al nostro 11 agosto 3.114 a.C. Se contiamo da questa data in cui e' iniziato il mondo, fino al 21 dicembre 2012 abbiamo 1.872.260 giorni che diviso per 144.000 giorni (ossia per un B'ak'tun) fa 13''. Questo vuol dire che il 21 dicembre 2012 per i Maya finisce il tredicesimo B'ak'tun e inizia il quattordicesimo: ''e' semplicemente - conclude - la fine di un'era e l'inizio di un'altra, ma tali cambiamenti avevano anche significati positivi''.

Mia figlia oggi è andata a scuola con il cellulare, il suo MP4 e un pacchetto di crackers, perchè se la dovessero prelevare gli ufo, almeno ha con se le cose più importanti...segno dei tempi che sono già cambiati!:)
Ora, nell'attesa di leggergi più vecchi, vi lascio con questa splendida vignetta che ho preso dal Corriere della Sera


giovedì 20 dicembre 2012

Polpette al sesamo

 
 
Questo piatto ce lo preparò Porzia durante una pasticciata dove ci fece vedere tante cosine interessanti per i buffet. Piacciono sempre tantissimo. Sono pratiche da preparare, si possono congelare, come io in effetti ho fatto per il buffet, poi le ho cotte sul momento. Deliziose!
 
Polpette al sesamo
 
Ingredienti
 (x 4 p.)

600 g carne di vitello tritata
3 uova
2 cucchiai di parmigiano
100 g pan grattato
1 spicchio d’ aglio
prezzemolo
scorzetta grattugiata di 1 limone
poca farina
3 cucchiai d’ olio ex
2 cucchiai semi di sesamo
sale, pepe
 

Mescolare la carne con 1 uovo, il parmigiano, prezzemolo, aglio tritato, sale, pepe amalgamare bene
e formare piccole polpette. Sbattere le uova con poco sale e pepe, infarinare le polpettine e passarle
nell’ uovo. Mescolare il pan grattato con il sesamo, rotolarvi le polpettine e disporle in una teglia
ricoperta di carta da forno.
Condire con l’ olio e infornare a 200° per 15 minuti girandole un paio di volte. 

mercoledì 19 dicembre 2012

Girandole di mozzarella


Ormai queste girandole non hanno più segreti, ma è bello ogni tanto rispolverare queste ricette che hanno fatto la storia.-). Le feci per la prima volta ad un corso di cucina, con la signora Maria che ancora ricordo. Ci fornì delle ricette sensazionali e questa è una di quelle. Non sono ricette strepitose, ma veloci, utili e soprattutto buone.
Da allora non sono mai mancate nelle mie feste ed infatti per il battesimo, c'erano.

Girandole di Mozzarella

Ingredienti

250 gr farina ricca di glutine
100 gr latte
10 gr lievito di birra
5 gr zucchero
100 gr mozzarella
25 gr burro
5 gr di sale

da spalmare: 
50 gr circa di pomodoro concentrato,
 origano secco 
 parmiggiano q.b.

Setacciare sul tagliere la farina e tagliare la mozzarella a piccoli pezzetti. Incominciare a impastare la mozzarella come se si stesse impastando il burro e la farina per una frolla. Cercare di disfarla bene con le mani in modo da incorporarla. Disfare il lievito in poco latte (potrebbe non andarci tutta la quantità di latte scritta) e finire di impastare tutti gli ingredienti. Lavorare bene il composto, raccogliere a palla e metterla in una ciotola unta d'olio, coprire con pellicola e far lievitare per 20-30 minuti. Facendo attenzione a non risvegliare il glutine, togliere la pasta delicatamente dalla ciotola e stenderla a rettangolo ad uno spessore di circa 2,5 mm. Spalmare con il pomodoro, spolverare con parmiggiano e origano. 


Arrotolare il più stretto possibile formando un salame. Mettere in frigo per far indure un poco il rotolo così si riusciranno a tagliare meglio i tronchetti di 1,5 cm di spessore. Disporre su carta forno e far lievitare. Cuocere a 230 gradi per 5 minuti.

venerdì 14 dicembre 2012

Certosino!

Finalmente sono riuscita a fare i certosini! con grande ritardo ma li ho fatti anche quest'anno. E' tradizione farli per l'8 di dicembre, ma tra i laboratori e il battesimo sono arrivata lunga, ma l'importante è essere riuscita a farli. Ora sono già là che aspettano la seconda bagnata di brandy e dopo posso procedere a confezionarli. Ieri pomeriggio, arrivata a casa dal lavoro, mi sono messa a prepararli, ho persino fatto fuoco al forno a legna io e devo dire che sono venuti benissssssimo!:-) Il forno non appariva troppo caldo, ma il fatto di aver scaldato nei due giorni precedenti per cuocere quanto avevano fatto i bambini, ha fatto si che il calore venisse dal basso e non solo dall'alto per cui sono venuti splendidi.
Finalmente posso dire che sta arrivando Natale anche quest'anno. Ora mi manca solo la casetta di pan pepato poi ...si dia inizio ai festeggiamenti:-)!
Quest'anno poi e rimasta anche la neve a far si che avessi una cartolina magica, neve fuori, certosini sul tavolo e...la bellezza del fuoco che contrastava il paesaggio e il freddo.
starei delle ore ad osservarlo. Che bello!
La ricetta me la diede una mia nonna, lei li preparava tutti gli anni per tutto il Pontelungo e oltre. Li portava a far cuocere al forno e ce li donava come regalo. Ne spediva ai nipoti all'estero, lo dava al dottore...mi ricordo l'onore e la responsabilità che provai quando mi passò la ricetta e per la prima volta li feci pure io. Partii con un chilo di farina e dissi che mai avrei fatto come lei, doverne fare tanti! invece...credo di averla superata:). Per me è un dono che non ha prezzo, chi lo riceve sa che racchiuso, oltre al piacevole sapore c'è l'amore e il tempo che si è dedicato per preparare questo dolce il cui nome racchiude tutto...Grazie Nonna!
devo già sentire l'effetto feste in arrivo:).
L'impasto, ne ho impastato due chili di farina

 
 
la pennellatura con il miele al ritorno dal forno
 

 certosino lucidato e certosino ancora da fare

certosino finito