domenica 8 marzo 2020

E allora slegate le campane...


E allora slegate le campane: un doppio alla bolognese contro il male
Dopo aver indicato la novena «per chiedere alla Madonna di San Luca di intercedere per la protezione delle nostre città e paesi dal male» dell’epidemia, l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi ha anche invitato «tutte le chiese della diocesi a suonare le campane alle ore 19 da domenica 8 marzo fino a martedì 17 marzo in contemporanea alla Novena da lui presieduta alla stessa ora».
Ma perché suonare le campane in questa occasione così particolare? Qual è il loro significato? Forse assordati dal rumore delle nostre città abbiamo dimenticato lo scampanio delle chiese e soprattutto sono pochi a conoscere il significato di quel suono.
Per capire il senso più profondo delle nostre campane, bisogna andare a vedere l’antico rituale di benedizione. La campana veniva, per così dire, “battezzata”: veniva aspersa con acqua esorcizzata, consacrata con l’unzione dell’olio, e le veniva dato un nome. Poi veniva incensata. Solo così la campana può svolgere la sua funzione di araldo del Vangelo, che porta l’annuncio del primato di Dio ovunque e caccia ogni infestazione maligna.
L’idea fondamentale è che il suono si diffonde nello spazio; dunque, dove giunge questo suono “consacrato”, lo spazio viene riconquistato a Cristo, la mente viene elevata al ricordo di Dio e le infestazioni del maligno vengono messe in fuga. E’ per questo che le orazioni dell’Ordo ad campanam consecrandam del Pontificale Romanum (1961-1962) domandano a Dio che, per il suono di queste campane, «cresca la devozione e siano respinte tutte le insidie dei nemici», come anche il fragore della grandine, la tempesta, etc.
Le campane, come esplicitamente richiamato dalle tre orazioni, sono le nuove trombe d’argento di Mosé (Num. 10, 2), che chiamano il popolo alla preghiera; sono le trombe fatte suonare da Giosué nella presa di Gerico (Gs. 6, 1-14); ed ancora sono la voce di Cristo che seda la tempesta (Mc. 4, 39).
Il doppio bolognese
Non molti sanno che la nascita dello stile bolognese si fa risalire al 24 febbraio 1530, sul campanile della Basilica di San Petronio, quando i campanari della chiesa inventarono un nuovo metodo di
suonare i sacri bronzi, allo scopo di solennizzare il più possibile l’incoronazione di Carlo V impera-tore del Sacro Romano Impero da parte del papa Clemente VII.
La presenza simultanea del papa e dell’imperatore a Bologna portò alla  nascita di quest’arte che, nel tempo, si modificò ed andò sempre migliorando, trasmessa di generazione in generazione fino ad oggi.
Questa particolare tecnica esecutoria ha scatenato quella che oggi è la tradizione campanaria bolognese. Quando si parla del sistema bolognese e se ne indica la nascita nel XVI secolo si sta in realtà parlando della nascita del doppio. L'origine del nome è semplice: siccome originariamente sui campanili veniva issata una sola campana, quando se ne aggiunse un'altra il suono ottenuto dai rintocchi alternati dei due bronzi fu chiamato “a doppio”. Le campane venivano messe in piedi (bocca rivolta verso l'alto) "alla muta", cioè con il battaglio legato perché non suonasse, e poi puntellate. Le campane presentavano (e presentano tuttora) una struttura apposita che consentisse di spostare lo strumento senza doverlo toccare direttamente: la "capra". Molto simile ad un cavalletto, la capra, di forma trapezoidale, è fissata lateralmente alla campana, direttamente sul ceppo. Si può così fare affidamento sulla stanga, o asta, una piccola trave posta a circa metà dell'altezza della campana. I campanari "travaroli" si posizionavano quindi sulle travi dell'incastellatura e facevano ruotare i bronzi a turno, cambiando ogni volta il verso di rotazione. Col passare degli anni si aggiunsero una terza ed una quarta campana fino ad arrivare, nel corso dell'800, a concerti di cinque campane suonabili a doppio.

sabato 7 marzo 2020

Novena Cardinale Zuppi

Per un bolognese come me, è difficile, davvero tanto, non potersi recare sul colle della Guardia a pregare la Madonna di San Luca, il riferimento spirituale di chi è nato ai piedi del Santuario.
A me manca tanto non potere andare, ma le regole sono regole le accetto, con la speranza di poterci andare quanto prima e pregando comunque, che dall'alto della sua posizione, continui a vegliare su di noi e a proteggerci come ha sempre fatto.
Ringrazio quindi il Cardinale Mons. Zuppi, che ci ha dato la possibilità di pregare almeno virtualmente durante la novena da lui proclamata. E' stata davvero una consolazione e una iniezione di fiducia per me.
Il messaggio del Cardinale:
"L’arcivescovo ha indetto una novena di preghiera con la recita del Rosario a partire da domenica 8 marzo alle ore 19 e fino a martedì 17. “Maria è la Chiesa madre che non cessa di pregare per i suoi figli. Tutti e sempre – scrive l’arcivescovo Zuppi in un messaggio alla diocesi che verrà pubblicato su Bologna Sette e diffuso attraverso il sito della Chiesa di Bologna e il settimanale televisivo 12Porte –. Indìco una novena per chiedere alla Madonna di San Luca di intercedere per la protezione delle nostre città e paesi dal male. Per nove giorni vi invito a recitare il Rosario ovunque vi troviate, uniti tutti spiritualmente a Lei e tra di noi, unanimi nella preghiera come gli apostoli con Maria nel giorno di Pentecoste. Chi può, alle ore 19 collegandosi in streaming, si unisca con noi alla preghiera che reciterò davanti ad un’immagine della Madonna di San Luca".
Grazie Cardinale!

mercoledì 19 febbraio 2020

30 Anniversario diacono - Auguri Alfonso!

Ieri a Viadagola abbiamo avuto l'onore e la fortuna di festeggiare Alfonso, il nostro diacono, la persona sempre pronta ad aiutare quando c'è bisogno, la persona che ha sempre una parola da comunicarti, un sorriso da regalarti.
Una funzione solenne accompagnata dai parroci attuali e quelli che hanno accompagnato la sua funzione in passato, tanti fedeli presenti, si respirava aria di festa come in poche occasioni succede.
E dopo la cerimonia, ovviamente, si è a Viadagola, non ci si può salutare con auguri e arrivederci, bisogna finire in goliardia, come da più rigorosa tradizione, ovvero tutti a tavola.
Non si può che augurare il meglio al nostro diacono, che ci accompagni ancora per tanti e tanti anni ancora.
“Servo per amore, sacerdote dell'umanità”… che tu possa seguire le orme di Gesù con passione e fede. “Che io non cerchi tanto d'essere amato, quanto di amare” – San Francesco d'Assisi. Che il Signore benedica te, la tua scelta, la tua vita e quella delle persone che ti incontrano, auguri!
Alcuni momenti della cerimonia:


venerdì 10 gennaio 2020

Piadina romagnola

Ho ritrovato questa ricetta di Carla Nanni...ho voluto provarla.... Non differenzia molto da quella di Giorgia ed ottima anche il giorno successivo. Rimane un pò più alta, ma davvero appetitosa.Grazie Carla!

PIADINA ROMAGNOLA "AMBRA" di Carla Nanni

Ingredienti

1 kg di farina
170 gr strutto
2 bustine di lievito per dolci
1 pizzico di sale
1 pizzico di zucchero
latte q.b. a temperatura ambiente

a piacere:
1 uovo intero, buccia di limone grattugiata

Sulla spianatoia mettere la farina a fontana. Unire lo strutto, lo zucchero, il sale, il lievito e, se si desiderano, buccia di limone e un uovo (io non li ho messi).Impastare tutti gli ingredienti aggiungendo latte fino a che l'impasto risulta di media consistenza; prelevarne un piccolo pezzo e stenderlo in modo da ottenere un disco di diametro circa 20 cm e spessore 3 mm circa.Cuocere sul testo di terracotta oppure in una padella di ferro ben riscaldata, rigirando quando sulla superficie si sono formate delle bollicine marroni.Servire calda come accompagnamento a salumi, formaggi molli...

Panone


Questa è la ricetta che facevano in casa di mio marito. Sono buoni, molto.
Di questo dolce esistono innumerevoli ricette, ogni famiglia aveva la sua e veniva conservata gelosamente: più una famiglia era benestante, più ingredienti incorporava all'impasto e il dolce diventava ricco.
E' un dolce tipico della campagna bolognese, dove si usavano soprattutto ingredienti poveri, quali noci, fichi essicati, uvetta sultanina.
Appartenente alla città di Bologna è, invece, il certosino. Questo ha in comune con il panone le decorazioni fatte con canditi, il cioccolato e la frutta secca, ma ha una consistenza differente: il panone è più vicino ad una torta lievitata, il certosino rimane più basso.
Il certosino, veniva chiamato anche panspeziale.
La ricetta è molto antica e risale al medioevo, quando era prodotto dai farmacisti (o "speziali"). Solo in un secondo tempo furono i frati certosini a prendersi carico della sua produzione. Furono i frati della Certosa, che cominciarono a fabbricare il panspeziale per primi. Lo fecero così bene che il dolce cambiò nome, prendendo quello della confraternita.

Panone di Natale

Ingredienti

Moniaca per ogni kg 10 grammi
Farina 1 Chilo
Cacao 200 grammi
zucchero 500 grammi
scorzetta 200 grammi
canditi 200 grammi
uva sultanina 200 grammi
mandorle 200 grammi
brustulini (arachidi) 200 grammi
zucchero di vaniglia 100 grammi
fichi secchi 100 grammi
pinoli 200 grammi
4 uova
burro 200 gr
1 vaso da 1 kg di mostarda o marmellata

Si mette a bagno l'uvetta con il vino, poi si utilizza tutto vino compreso per l'impasto e si impasta con marmellata tanta quanta ne occorre per amalgamare.Cuocere in forno a 180 gradi per 40 minuti circa, prova stecchino (ovvero quando le pareti si staccano è pronto). All'uscita dal forno si lucida con miele e si bagna con brandy. Conservare coperto con pellicola. Si conservano a lungo.

Budino di pane e frutta con caramello

Questo dolce è un modo innovativo per utilizzare le colombe: la ricetta ce l'ha passata Laura Feruli, da un corso di Gianfranco, semplice, ma buona buona!


Budino di pane e frutta con caramello

Per uno stampo da plumcake di cm 22x8

Per il budino:
300 gr pan brioche (o recupero di panettone, colomba...)
200 gr latte
40 gr panna
50 gr zucchero
80 gr uova
200 gr frutta soda (fragole, pesche, albicocche, mirtilli..)
maraschino o succo di limone

Portare a bollore il latte con la panna e versarlo a filo sulle uova montate con lo zucchero, profumare con il maraschino.Imburrare lo stampo e creare sul fondo uno strato con il pan brioche tagliato a fette alte circa 1 cm e tolto il bordo.Inzuppare con il composto di uova e latte poi disporre sopra uno strato di frutta tagliato a fette, coprire con un altro strato di pan brioche e inzuppare nuovamente. Continuare alternando gli elementi e terminare con il pane. Premere bene e passare in forno a 130 gradi per 35 minuti.Fare raffreddare completamente e sformare.


Per il caramello

2 dl di succo d'arance
80 gr zucchero
40 gr acqua

Fare un caramello con lo zucchero e l'acqua e sfumare con il succo d'arancia, mescolando bene.
Montaggio del dolce
Mettere sul dolce un filo di caramello, tagliarlo e servirlo con caramello e insalata di frutta fresca.

Pesche dolci

Non ricordo la fonte della ricetta, è comunque da provare!
Cosa dire? semplicemente deliziose!

PESCHE

Ingredienti

500 gr di farina,
200 gr di zucchero
2 uova
100 gr di burro fuso
1/2 bicchiere di latte
1 bustina di lievito
scorza di limone
liquore Alchermes

Crema pasticcera

1 l latte
8 tuorli
8 cucchiai di zucchero
4 cucchiai di farina

Mescolare la farina con lo zucchero il lievito la vanillina e la scorza di limone, aggiungere poi alle uova il burro, il latte e mescolare alle polveri. L'impasto deve risultare duro. Fare delle piccole palline che vanno velocemente passate in forno caldo a 180/200 per circa 10 minuti.
Preparare la crema, solito modo e fare raffreddare.
Bagnarle con l'alchermes, mettere la crema (volendo nutella) tra due palline e passarle rapidamente nello zucchero. Sono da preparare almeno 4/5 ore prima e sono una squisitezza.

Biscotti colazione


Questa è la ricetta di una zia di mio marito, la zia Mirella. Si conservano a lungo in un vaso o in un contenitore di latta.



Biscotti da colazione zia Mirella 


Ingredienti

600 gr farina
50 gr fecola
4 uova
200 gr burro
230 gr zucchero
1 dose per dolci
un pizzico di sale
scorza e sugo di limone
vaniglia

Impastare gli ingredienti, formare i biscotti nelle forme desiderate. Io ho diviso l'impasto in 4 parti, ad una ho aggiunto 100 gr di uvetta ammollata, asciugata e infarinata.
Ad un'altra parte ho aggiunto, invece, della cioccolata a scaglie. La terza l'ho mantenuta semplice e all'ultima ho aggiunto della farina di mandorle, all'incirca 40 grammi.
Infornare a 160 gradi per 15-20 minuti. Fare raffreddare possibilmente su una grata.

Crostata Cristopher


Questa splendida crostata io l'ho solo mangiata: l'ha fatta Carla Nanni, e la ricetta è sua.
Semplicemente deliziosa!
Crostata Cristopher

Ingredienti

300 gr. farina
130 gr. zucchero semolato
1 limone non trattato (buccia grattugiata e succo filtrato)
120 gr. burro
1 cucchiaio di liquore (cognac o rhum)
1 bustina di lievito per dolci
2 uova intere
Marmellata a piacere
Teglia diam. 26 imburrata e cosparsa di pangrattato oppure coperta con carta-forno


Mescolare la farina con il lievito e lo zucchero e fare la fontana, mettere al centro il burro un po’ morbido, le uova, la buccia e la metà del succo del limone.
Se le uova sono molto piccole, usare tutto il succo.
Aggiungere anche il liquore e impastare brevemente e velocemente.
Raccogliere a palla, prelevare la metà dell’impasto (non serve il riposo in frigo) e stenderlo nella teglia, mettervi sopra la marmellata e, con il restante impasto, creare la grata.
Cuocere in forno a 180° per 35 min.

Torta giostra

Questa l'ha fatta la mia maestra PORZIA, che ha servito al battesimo del suo nipotino Enrico, credo che la foto parli da sola, senza necessità di commenti...è talmente bella da sembrare irreale.
Si tratta di un pan di spagna rivestito di uno strato sottile di glassa bianca, sul quale è stato montato una struttura di alzata per torte, la base celeste è di polistirolo rivestito di pasta di zucchero su cui si ha fatto aderire aerei, coniglietti, macchinine ecc....
Per la capannina, che poggiava sul dischetto superiore dell'alzatina ha ritagliato un cono di cartoncino e poi ha fatto aderire un disco di glassa bianca e una volta asciugata, ha ritagliato dei triangoli di giusta misura di color celeste attaccandoli con qualche goccia di cioccolato bianco.
La pasta con cui sono stati fatti i cavallini della giostra e anche quelli donati come bomboniera è pasta al miele, di cui riporto sotto la ricetta.


BISCOTTI AL MIELE DA DECORARE 

Ingredienti

Farina g 350
zucchero g 100
burro g 100
miele g 100
Uova 1 piccolo oppure 1/2

Inoltre:
glassa da copertura, coloranti, cioccolato, albume, cacao
chiodi di garofano, stampini vari

Procedimento:
Sciogliere se necessario il miele e preparare la pasta frolla, stendere allo spessore di 1/2 cm, ritagliare i biscotti e infornare su carta forno per 20 minuti a 180°.
Stendere la glassa piuttosto sottile, aiutandosi con poco amido di riso, ritagliare la glassa con lo stesso coppapasta dei biscotti, pennellare gli stessi con poco albume mescolato a zucchero a velo e far aderire la glassa.Decorare a piacere
Questa ricetta è tratta dal blog di Pinella, è squisita. Si serve come aperitivo, perfetta per un buffet. Il mio consiglio personalissimo è di sostituireil lauro con il basilico.
Dimenticavo: è anche velocissima da fare, 15 minuti!


Cubotti pomodoro,ricotta e olive

Per la base di pomodoro:

3 uova
90g di farina
1 barattolo di polpa di pomodoro1 spicchio d'aglio
1 foglia di lauro
80g di olive nere denocciolate
sale
pepe

Per l'impasto di ricotta:

1 uovo
250g di ricotta vaccina morbida
20g di farina
1 cucchiaio di origano
sale pepe

In una casseruola mettere la polpa di pomodoro, aggiungere la foglia di alloro, lo spicchio d'aglio, salare pepare e cucinare a fuoco medio per 10 minuti.Togliere la foglia di lauro e l'aglio.Sbattete le uova, aggiungerle alla salsa di pomodoro (tiepida/fredda), salare, pepare aggiungere la farina, mescolare bene ma non energicamente.Prendere le olive, asciugarle con della carta assorbente, tagliarle a pezzetti e aggiungerle alla salsa di pomodoro sempre mescolando. Versare il composto in una teglia quadrata ben imburrata. Preriscaldare il forno a 180 gradi. Mettere la ricotta in una ciotola con il sale, il pepe e l'origano. Mescolare con una frusta molto bene, incorporate l'uovo, la farina e mescolate nuovamente. Mettete tutto questo composto in una sac à poche con una bocchetta liscia e siringare andando in profondità alla base di pomodoro. Con il restante composto prendere un coltello e con la punta create un effetto marmorizzato sulla superficie. Infornate per circa 15 minuti. Quando sarà pronto tagliate a cubotti o a rettangoli .

Lombetto fantastico

Questa ricetta la provai, così, quasi come una sfida, alcuni anni fa. ..bè da allora, non passa anno che in questa stagione non la rifaccia...e mi diverto pure con la sfida di stagionare il lombo:-)
E' fresca, ottima sia come aperitivo, che come secondo. Ne mangerei in continuazione.


Lombetto di Elena Resta

per due persone

Ingredienti

1 arancia pelata a vivo e successivamente affettata a spicchi molto sottili
500 gr lombetto NON stagionato affettato molto sottile
valeriana
cimette di sedano
sedano e carote sott'aceto tagliate in dadolata molto piccola (4 cucchiai)
olio extra vergine leggermente acido (tipo il Brisighello)
sale pepe
pochissimo aceto caldo

Comporre i piatti disponendo uno strato di valeriana e fette di arancia spruzziamo con l'aceto bollente, saliamo e pepiamo. Disponiamo sopra le fette di lombetto. Vi disponiamo sopra ancora le cimette di sedano e la dadolata di sottaceti. Mettiamo ai lati qualche altra fetta di arancia. Condiamo con olio e pepe.

venerdì 20 dicembre 2019

Crema alla marmellata,





Questa ricetta risale a tanto tempo fa, il librino, dove l'ho recuperata, ha dosi in once..per darvi una idea.

Crema alla marmellata

Prendere una tazza di marmellata, aggiungervi zucchero di vaniglia e da caffè e dello spirito (alchermes o misto per dolci ndr). Fare una crema di quattro uova.
Prendere un etto di cioccolata, stemperarla con un poco di latte e unirvi un tuorlo. Versarla nella crema.
Fare un'altra crema di quattro uova e aggiungervi un etto di mandorle tritate tra dolci e amare (io ho usato solo le dolci, le amare non si trovano più) tritate molto fini.
Prendere due stampi da budino da 1,5 litri.
Si prendono 40 savoiardi e si tagliano a metà. Si prende metà strega e metà alchermes, si intingono e si fa la camicia agli stampi alternando il bianco con il rosso.
Si versa un poco di crema, poi si fa uno strato di savoiardi bianco e si cosparge con la marmellata, un altro strato di savoiardi rosso, e si mette l'altra crema. E via così, si finisce con quello che si inizia.
Si ripone al fresco per una notte, si capovolge e si mangia.
Era il dolce delle feste di una prozia di mio marito, e lui mi ha detto che era esattamente così, l'ho riportato alla sua infanzia...

lunedì 4 novembre 2019

Raccolta delle olive

Mi avvicino a questo argomento, di cui ero totalmente ignorante  grazie a Federica, la mia prima bimba.
Il luogo di raccolta è Atessa, in Abruzzo. Da loro il tempo sembra essersi fermato, ancora si mantengono principi e valori che vanno ormai scomparendo nella maggior parte delle città metropolitane e in alcuni casi anche nelle lavorazioni si rispettano  rigorosamente tradizioni ed usanze.  La varietà di olive è la Gentile di Chieti. Ne deriva una qualità di olio extra vergine di oliva davvero ottimo. Quando lo assaggi ti rimanda subito  all'inconfondibile sapore delle olive appena raccolte con una piccantezza non sgarbata, molto gradevole.
Davvero un ottimo olio. Ringrazio Federica per avermi dato l'opportunità di venire a conoscenza di questo prodotto e della lavorazione che occorre per ottenerlo.
La raccolta delle olive è occasione di riunione e di allegria,si cantano canzoni,si raccontano storie e si giunge alla sera stanchi,ma soddisfatti e felici, accompagnate da "merende" sul campo che non hanno nulla da invidiare a banchetti succulenti, anzi se si aggiunge l'aria buona, il sole e la compagnia sono momenti davvero speciali.

Qualche anno fa...Le olive vengono raccolte tra fine ottobre e novembre. E' un lavoro faticoso, che si fa raccogliendo le olive dal terreno o dai rami.
La raccolta delle olive cadute sul terreno o tra l'erba era un lavoro molto scomodo e da persone pazienti, delegato alle donne e i più giovani. Gli uomini raccoglievano appollaiati sui rami e sulle scale di legno stando in equilibrio sui pioli  e incominciavano a cogliere le olive: prendendo con la mano sinistra un rametto, con la destra strisciavano in modo da far cadere i frutti nella cestella legata alla cintola dei pantaloni o con una corda girata intorno alla vita. Questa cestella veniva costruita dai contadini stessi intrecciando vimini,  canne o sbrocchi di olivo, attorno ad un telaio costruito intorno a un pezzo di legno robusto, per lo più olivo.
Altri si occupavano di porre le olive in contenitori che venivano caricati sui carri. A casa le olive venivano distese sul pavimento di una stanza arieggiata e sana, oppure su  cannicci, stuoie o in cassette di legno, le stesse utilizzate per la raccolta dell'uva, in modo da conservarle evitando fermentazioni. Dopo qualche giorno venivano portate al frantoio con il carro trainato da buoi.Questo lavoro di raccolta poteva durare anche diversi giorni essendo dipendente dal numero di olivi del podere. Lo scambio di aiuto reciproco nei lavori tra le famiglie contadine, anche in questo caso, rappresentava uno dei più importanti aspetti sociali e non poteva mancare il momento della socialità e del convivio per le squadre di lavoratori e le loro famiglie.
Successivamente  e, mentre venivano lavorate al frantoio, era uso aspettare avanti al camino assaggiando l'olio appena prodotto dagli amici su una bruschetta tra una chiacchera e una partitina a carte.
Ogg la raccolta avviene con l'ausilio di macchine specifiche che alleviano molto il lavoro, ma non è cambiato lo spirito festoso della raccolta cosi come l'attesa al frantoio caratterizzata dall'ansia e la curiosità di conoscere i risultati delle proprie fatiche.

Premettendo che l'oliva è un frutto dell'albero dell'ulivo.Parto dalle varietà delle olive.
La Gentile di Chieti è una varierà tipica della provincia di Chieti, sicuramente la più importante, diffusa in tutte le zone olivicole di questo territorio.
Negli anni passati ha rappresentato fino all'80 % delle varietà coltivate nella provincia; in seguito all' introduzione di varietà provenienti da altre regioni, tale percentuale si è notevolmente ridotta, ma tuttora la Gentile conserva una presenza rilevante.
E' molto apprezzata per la sua produttività media ed in genere costante; l'epoca di raccolta è medio-tardiva, e si colloca nella II e III decade di novembre; non si presta ad essere raccolta meccanicamente.
Per quanto riguarda le avversità parassitarie è suscettibile alla carie, al cicloconio ed alla verticillosi, mentre è resistente alla rogna. E' poco attaccata dalla mosca olearia e dalla tignola. E' una coltivazione autosterile con aborto ovarico intorno al 10 %: ha una buona risposta alla propagazione per talea autoradicata. E' una pianta rustica che si è adattata anche nelle zone interne, fino ad altitudine di 500 - 600 mt sul livello del mare, per la buona resistenza ai venti freddi e alle gelate.
Qualche nozione generale sulla raccolta.
Lavorare le olive è un’arte in tutte le sue fasi: dalla raccolta delle olive alla loro molitura, sino al poterne assaporare il gusto. L prima fase della produzione dell’olio extravergine d’oliva èla raccolta delle olive.
LE OLIVE
Il primo aspetto che bisogna prendere in considerazione è il tipo di oliva da raccogliere, in quanto in base a questa differenza cambiano sia la condizione in cui deve essere il frutto per essere raccolto che il periodo dell’anno in cui abitualmente esso viene considerato maturo. Per una buona raccolta di olive da olio è opportuno aspettare che il cambiamento del colore del frutto (la cosiddetta invaiatura) stia passando da verde a viola, questo perché rappresenta la fase di maturazione in cui all’interno dell’oliva è presente una maggiore quantità di olio e di sostanze fenoliche che daranno successivamente le qualità organolettiche e nutrizionali del prodotto finito.
Per quanto riguarda le olive da olio occorre fare un’ultima precisazione che  non si può assolutamente ignorare: non bisogna mai confondere una maggiore quantità di olio con la massima resa, in quanto quest’ultima si raggiunge nel momento in cui i frutti si disidratano.Aspettando questo momento è la qualità dell’olio a risentirne. L’olio di migliore qualità, invece, si ottiene nel lasso temporale in cui le olive si colorano dal verde al viola. Vi sono due modalità principali per la raccolta delle olive: la raccolta manuale e quella meccanica.

TECNICHE DI RACCOLTA MANUALE DELLE OLIVE
Ogni metodo di raccolta ha dei diversi effetti sul frutto e sul prodotto finale, per questo motivo è sempre meglio valutare con attenzione quale utilizzare in base alla propria necessità.Le principali tecniche di raccolta a mano sono: la bacchettatura o bacchiaturaè  un metodo molto antico le cui origini risalgono ai tempi dei miti e delle leggende e consiste nel “bacchettare” i rami dell’ulivo con dei bastoni in modo da fare cadere le olive,

queste vengono raccolte da delle reti poste per terra sotto la chioma degli alberi.





La brucatura consiste nel raccogliere le olive a mano direttamente dai rami. Ideale per le piante basse, ha il grande vantaggio di non danneggiare le olive ed è indicata per produrre oli di massima qualità in quanto tutti i frutti vengono selezionati a mano singolarmente. In questa tecnica meticolosa si utilizzano scale di vario tipo e altezza, rastrelli e pettini, così da controllare e vagliare lo stato di ogni singola oliva senza stressare i rami dell’albero. Questi sono mantenuti ad altezze particolari proprio per facilitare questo tipo di raccolto. la pettinatura come suggerito dal nome, i rami degli olivi vengono passati più e più volte da degli strumenti simili a dei pettini che staccano le olive. Queste vengono raccolte da delle reti attaccate direttamente sotto gli alberi come fossero degli ombrelli capovolti, e poi selezionate con cura e separate dal fogliame e dai pezzetti di rami staccati inavvertitamente. La controindicazione di questo metodo sta nel fatto che i frutti rischiano di essere danneggiati molto facilmente dai pettini e che, quindi, richiede una seconda fase di lavoro di cernita e selezione. la raccattatura altro non è che la raccolta dal terreno delle olive mature che in modo completamente naturale si sono staccate dai rami. Questo metodo è altamente sconsigliato, in quanto i frutti raccolti sono già eccessivamente maturi e quindi non contengono una quantità di olio sufficiente alle necessità di produzione. Inoltre quando l’oliva è troppo matura rischia di marcire e di essere contaminata da batteri e muffe, elementi esterni che se non prontamente rimossi si propagano facilmente in tutto ciò che è stato raccolto. Questo metodo non è indicato per la produzione di oli di qualità. la scrollatura simile alla raccattatura la scrollatura è un metodo che appartiene già a quelli considerati meccanici. Nella scrollatura le olive vengono raccolte grazie a dei bracci meccanici che avvolgono il tronco o i rami dell’albero percuotendoli in modo blando e contenuto così da favorire la caduta dei frutti. Grazie a questa tecnica la qualità del prodotto non viene sensibilmente inficiata, in quanto questi strumenti sono dotati di strutture simili a ombrelli rovesciati pronti a favorire la raccolta.
TECNICHE DI RACCOLTA MECCANICA DELLE OLIVE
Con lo sviluppo della tecnologia sono sempre più comuni i metodi di raccolta delle olive che prevedono l’utilizzo di strumenti meccanici, i quali in maniera automatica simulano le principali tecniche di raccolta manuali.Negli ultimi anni si è, inoltre, sempre più diffuso l’impiego di pettini pneumatici, che permettono una raccolta più accurata e attenta. In conclusione si può affermare che una tecnica meccanizzata indubbiamente dà una quantità maggiore di produzione, in quanto sfrutta la forza e la resistenza degli strumenti, ma richiede molta attenzione nella fase di raccolta e selezione dei frutti, soprattutto se si vuole produrre un olio extravergine d’oliva di grande qualità.

mercoledì 30 gennaio 2019

Crespelle all'arancia con spinaci e stracchino

E' stato amore a primo assaggio! quanto mi sono piaciute! davvero delicate, squisite, perfette.
Anche la ricetta della crespella è molto valida. Un piatto da ripetere ogni volta che si hanno voglia di coccole o un pranzo o cena da far bella figura.  La ricetta è di Paola Rovetto, una cara amica di Cucina Italiana.

Crespelle all'arancia con spinaci e stracchino
(x 4 p)

Ingredienti

Crespelle

250 gr latte
125 gr farina bianca
2 uova
un'arancia
prezzemolo
burro
sale

Farcia e salsa

500 gr latte
300 gr spinaci lessati e strizzati
300 gr stracchino
40 gr farina bianca
40 gr burro
40 gr parmigiano grattugiato
un'arancia
sale
pepe

Preparare le crespelle mescolando la farina con il latte, il burro sciolto in una padellina (diam. 18) e le uova. Insaporire con la scorzetta grattugiata di mezza arancia, un cucchiaino di prezzemolo tritato, sale. Scaldate la padellina usata per il burro e cuocetevi a mestolini l'impasto, ottenendo 12 crespelle. Spalmatele con 250 gr di stracchino lavorato con sale, pepe e scorzetta grattugiata d'arancia, su ognuna  mettete un cucchiaio di spinaci e piegatele a fazzoletto. Con il burro, la farina e il latte preparate una besciamella. Mettete le crespelle in una pirofila, salsatele con la besciamella, completate con fiocchetti di stracchino e burro, cospargete  di parmigiano, gratinate quindi servire.




giovedì 17 gennaio 2019

Risotto al melograno e speck in cestino di parmigiano

Questo risotto l'ho servito per la cena dell'ultimo dell'anno. Mi ispiravano i chicchi di melograno come buon augurio (oltre ad adorarlo), per renderlo più "elegante" ho pensato di servirlo in un cestino di grana. Mi sono avvalsa di tutti i consigli del vecchio forum di Cucina Italiana, perchè avevo già provato altre volte, ma il cestino prendeva sempre un poco il sapore di bruciato. Poi ho letto, non ricordo chi l'avesse scritto, che prendendo del parmigiano grattugiato grosso e posizionandolo su di una carta forno e messo in forno a 130 140 gradi, anzichè su un padellino come solito, quando inizia a sciogliersi lo si  estrae, non cambia  sapore. E così è stato. E' stato davvero un piatto gradevolissimo con una presentazione insolita.
Ottimo anche l'abbinamento speck melograno.

Risotto al melograno e speck
(x 4 persone)

Ingredienti

parmigiano grattugiato
280 gr riso
1 cipolla bianca di circa 120 gr
20 gr olio oliva
50 gr speck 
un bicchiere di vino bianco
1,5 l brodo vegetale
1 melograno circa 450 gr
10 gr burro
10 gr parmigiano grattato
sale
pepe bianco

Per i cestini: prendere due cucchiai di parmigiano, metterli su fogli di carta forno e in forno 140 gradi per pochi minuti


Appena inizia a sciogliere, quando si vede che è omogeneo, torglierlo dal forno e metterlo su di una ciotola per modellarlo

farli raffreddare completamente prima di rimuoverli. Io li ho messi in una tazza divisi da carta forno, sigillati con pellicola. Li ho tirati fuori al momento di impiattare. Avevo timore che si sciogliessero subito, invece anche i due che avevo omesso di congelare, non si sono sciolti.
Per il riso:
ricavare i chicchi del melograno, cercando di eliminare i filamenti. Tritare la cipolla e farla stufare dolcemente nell'olio. Aggiungere due mestoli di acqua e lasciar asciugare a fuoco dolce. Unire lo speck a dadini minuscoli e far insaporire per qualche istante. Calare il riso nel fondo di cipolla e speck, tostarlo per un paio di minuti a fuoco vivace, rigirandolo continuamente con un cucchiaio di legno. Versare il vino bianco e far evaporare.
Portare a cottura il risotto con aggiunta di brodo di verdura bollente e ben salato. Qualche minuto prima di togliere il tegame dal fuoco, unire i chicchi di melograno. Spegnere il fuoco, insaporire con una macinata di pepe e mantecare con il burro e con il parmigiano.


domenica 13 gennaio 2019

Ghirlanda natalizia salata

Risistemando un poco le vecchie ricette, avevo salvato questa dal vecchio forum di Cucina italiana di Benedetta Lugli. L'ho fatta per la cena dell'ultimo dell'anno. BUONISSIMA!! Me l'hanno finita prima di servire i primi.
Non avevo le olive verdi, ho utilizzato solo quelle nere.

Ghirlanda natalizia salata

Ingredienti

1 bustina lievito di birra mastrofornaio paneangeli
(o un dado di lievito di birra fresco)
50 gr acqua tiepida
100 gr latte tiepido
30 gr zucchero
75 gr burro morbido
1 1/2 cucchiaino di sale
2 uova intere
500 gr farina 00

per il ripieno 

75 gr burro
2 cucchiai di parmigiano
35 gr farina
100 gr dadini pancetta affumicata
100 gr olive nere
100 gr olive verdi
un pugno gherigli di noci
50/70 gr emmenthal grattugiato

Sciogliere nel robot da cucina il lievito con l'acqua tiepida. Aggiungere il latte tiepido, lo zucchero, il burro a pezzettini, il sale, la senape e le uova intere. Unire un po' alla volta gr 280 di farina (presi dal totale dei gr 500) e frullare per mescolare, pulendo più volte  con una spatola, le pareti della ciotola del robot. Lavorare per 3'. Unire ancora altri 175 gr di farina (sempre presi dalla farina iniziale rimasta) e lavorare fino ad ottenere una pasta morbida e ben amalgamata. 
Rovesciare sul tavolo infarinato ed impastare, lavorando a mano, per circa 10', usando ancora un poco di farina se necessario. Imburrare  generosamente una ciotola capiente e porci la pasta, girandola dentro in modo da ungerla uniformemente.
Coprire e far lievitare in un luogo riparato fino a che avrà raddoppiato il volume (circa 1/2 ora).
Mentre lievita preparare il ripieno:
In una ciotola montare con le fruste il burro con il parmigiano, unire la farina. Amalgamare bene. Aggiungere mescolando con un cucchiaio la pancetta affumicata, le olive nere e verdi denocciolate e tagliate a pezzetti, un pugno di gherigli di noci spezzettati con le dita e l'emmenthal grattugiato con la grattugia a fori grossi. Coprire e mettere in frigo. (io non l'ho messo). 
(la prossima volta voglio provare con un ripieno di gorgonzola noci e pera).
Sgonfiare la pasta, lavorandola brevemente sul tavolo infarinato e stenderla con il mattarello in un rettangolo largo cm 22 e lungo cm 75 circa.
Sbriciolare il ripieno preparato e spargerlo sopra la pasta, lasciando intorno un margine di circa 2,5 cm. Iniziando dal lato lungo, arrotolare la pasta su sè stessa, per formare un rotolo ben stretto. Inumidire il bordo con un pennello bagnato nell'acqua e pressare bene per sigillare.
Usando un coltello ben affilato infarinato, tagliare il rotolo a metà nel senso della lunghezza ed intrecciare con delicatezza le due strisce di pasta l'una intorno all'altra, facendo attenzione a girare verso l'alto i lati tagliati in modo da mostrare il ripieno.
Trasferire la treccia su una teglia foderata con carta forno e formare un cerchio di circa 25 cm di diametro, unendo le due estremità. 
Far lievitare in un luogo tiepido per circa 45-60 minuti, fino a quando è ben gonfia.
Spennellarla delicatamente con un po' di uovo sbattuto (io non l'ho fatto) per dorarla e cospargerla di semini di sesamo o papavero (anche questo).
Cuocere in forno moderato a 170 gradi per circa 20 minuti o fino a quando è leggermente colorita.
Guarnire con un fiocco e qualche rametto di agrifoglio

lunedì 31 dicembre 2018

Buon anno!!

Questo è il dolce che mi ha portato la mia amica Tiziana per festeggiare il nuovo anno che arriva. Squisito, direi che modo migliore di iniziare il nuovo anno non c'era. Nella ricetta originale è richiesta la nutella, lei l'ha omessa, ma era buonissimo ugualmente.
Auguri di un sereno 2019, in salute e tranquillo!

Torta mousse di Nutella

Ingredienti

\150 gr farina
3 uova
140 gr zucchero
60 ml olio semi
120 gr latte
1 bustina lievito
40 gr cacao amaro

Per la farcia

500 gr mascarpone
2 uova
100 gr zucchero
250 gr nutella

Lavorare le uova con lo zucchero fino ad ottenere un composto spumoso. Versare a filo l'olio e il latte. Miscelare le polveri (farina, cacao, lievito) e aggiungere al composto spumoso mescolando fino ad ottenere un impasto liscio. Mettere carta forno in un teglia, versarvi metà dell'impasto e cuocere a 180 gradi per circa 10 minuti. Intanto preparare la farcia: con delle fruste elettriche mescolare la nutella con le uova, unire il mascarpone e lo zucchero fino ad ottenere una mousse liscia e spumosa. Sfornare la base e versarvi sopra la mousse. Unire l'altra metà del composto facendo attenzione a non mescolare i due composti. Infornare a 180 gradi per circa 40 minuti. Far raffreddare la torta e mettere in frigo per circa 3 ore.

lunedì 24 dicembre 2018

Buon Natale!

Natale quest'anno arriva in un periodo particolare, un po' difficile per me, ma come per magia, ogni tassello inizia a prendere la giusta posizione e anche quest'anno sarà Natale. Auguro a tutti un felice Natale in compagnia di chi amate con questi carinissimi quanto deliziosi alberini di verdura che ho visto sul blog Giallo Zafferano.
Apriamo i nostri cuori alla magia del Natale e tanti auguri a tutti!

Tortini di patate natalizi

Ingredienti

6 Patate
2 cucchiai Olio Extravergine D’oliva
un cucchiaio Farina
4 pizzichi Sale
2 Uova
100 ml Panna Fresca Liquida
Un Cavolfiore Verde (Piccolo)
90 g Formaggio Fresco
Qualche Melagrana (Semino)

Preriscaldate il forno a 190°. Se non possedete uno stampo per muffin in silicone, ungete dei pirottini o uno stampo per muffin in alluminio.
Lavate, pelate e lavate nuovamente le patate. Con una grattugia a fori larghi, grattugiate le patate, facendole cadere su un canovaccio pulito. Avvolgete le patate nel canovaccio e strizzatele.
Trasferite le patate grattugiate in una ciotola, conditele con due pizzichi di sale, i due cucchiai di olio e mescolate. Unite il cucchiaio di farina e mescolatele nuovamente. Dividete il composto di patate nello stampo da muffin, compattandole sul fondo.
Infornate le patate per 15 minuti.
Nel frattempo portate a bollore dell’acqua salata. Dividete il cavolfiore in cimette, con un coltellino affilato, lasciando buona parte del gambo, lavate le cimette di cavolfiore.
Sbattete le uova con due pizzichi di sale e la panna. Sfornate i muffin di patate e versate sopra il composto di uova e dividendolo equamente. Infornate nuovamente per 15 minuti.
Tuffate le cimette nell’acqua bollente e fate cuocere per 15 minuti. Scolatele delicatamente e passatele sotto l’acqua ben fredda. In questo modo si interromperà la cottura e il colore rimarrà di un bel verde brillante.
Sbriciolate sopra le quiche di patate il formaggio fresco e infornate nuovamente, per pochi minuti, fino a farlo fondere.

Io ho utilizzato degli stampini piccoli piccoli in alluminio usa  e getta. La prossima volta passerò le patate tipo purea e unirò le uova subito. Hanno fatto fatica a staccarsi e a rimanere intere.

martedì 18 dicembre 2018

Z - Caffè Zanarini

"Inaugurato nel 1930 fu il fiore all'occhiello dell?impero. Creato da Enrico Zanarini: una ventina di bar e pasticcerie fra Bologna, Imola, Riccione e Rimini".
Quando si è trattato il tema dei caffè (lettera C) volutamente non si è fatto cenno al leader del settore, Enrico Zanarini, un grande imprenditore, il primo a creare una vera e propria catena di locali eleganti, raffinati, dove la qualità dei prodotti e la professionalità dei lavoratori erano universalmente riconosciute e apprezzate.
Enrico Zanarini nacque nel comune di Borgo Panigale il 20 agosto 1875; rimasto organo di padre all'età di 14 anni iniziò a lavorare come garzone in un piccolo negozio di pane e pasta. Riuscì poi a "mettersi in proprio" aprendo a sua volta un piccolo esercizio dove vendeva il pane e la pasta fresca da lui stesso prodotti.  Gli affari andarono bene e riuscì a fare il grande passo rilevando il famoso, bellissimo negozio di abbigliamento E. Guizzardi Successori Baroni, che occupava alcuni locali in angolo fra il portico dell'Archiginnasio e via Farini, si trasferì in via Rizzoli. Il Comune decise di affittare ad attività "confacenti al distinto ambiente del Pavaglione".  Enrico Zanarini non si fece sfuggire l'occasione e stipulò un contratto quinquennale per lire 52.000 annue. Nel 1930, dopo alcuni lavori di ristrutturazione, finalmente potè aprire il suo elegante locale con i tavolini all'esterno. Fu un successo. L'impero di Zanarini aveva trovato la sua corazzata che andava ad aggiungersi a 15 negozi di bar-pasticceria a Bologna, situati nelle più importanti vie delle città, al buffet nel teatro Comunale, a un negozio di Imola, uno a Rimini e due a Riccione. A tutto ciò si affiancò un'accurata azione di marketing incentrata sul marchio Zanarini.
In 40 anni di attività, Enrico Zanarini riuscì a realizzare qualcosa che non aveva precedenti nella città: la più grande catena di bar-pasticceria.
Morì il 7 novembre 1948 e l'attività fu proseguita dal figlio Giorgio (Bologna, 1926), che aveva seguito il padre fin da ragazzo. Giorgio migliorò il locale del Pavaglione e nel piano superiore realizzò una piccola pista da ballo circolare.
Nel 1964 Giorgio Zanarini decise di cedere il passo e vendette a Velio Bartolini di Rimini, che 20 anni dopo, cedette al cavaliere Giorgio Orlandi, bolognese, imprenditore del settore e gestore di due prestigiosi bar-pasticceria, il Mocambo e il S. Domenico. Orlandi passò la mano nel 2001. Le serrande rimasero abbassate per quattro anni. Poi riaprì, vestito di nuovo, nel solco della tradizione.

martedì 11 dicembre 2018

Voltone del Podestà

"Sui pilastri del Voltone del Podestà" è appoggiata la torre dell'Arengo. Una Madonna miracolosa e le forche ancora visibili."
I turisti non si fanno mancare la curiosità del "telefono senza fili": parlando all'interno di ogni angolo del Voltone del Podestà la voce può essere sentita in un altro angolo. La volta a crociera agevola l'effetto acustico e permette questo risultato.
Tuttavia, sono altri i grandi pregi di questo luogo architettonico che unifica tre edifici come il Palazzo del Podestà, il palazzo Re Enzo e il palazzo del Capitano del Popolo: anzitutto il fatto quasi incredibile che la torre dell'Arengo, costruita nel 1212, sia appoggiata e sorretta dai pilastri del Voltone del Podestà. Inoltre il Voltone è abbellito da opere d'arte: basta alzare lo sguardo per ammirare le vele della volta affrescata nel 1516 con le figure dei quattro evangelisti e, agli angoli, poggiate su mensole, le statue di Alfonso Lombardi (1525) che raffigurano i santi protettori di Bologna, Petronio, Francesco, Domenico e Procolo.
Il Voltone era un punto di riferimento per i cittadini: si chiacchierava, si commerciava, si assisteva alle pene capitali che si eseguivano in Piazza Maggiore. E poi c'era la fede, rappresentata da una immagine della Madonna dipinta su un pilastro del Voltone. Una Madonna miracolosa, secondo quanto scrisse Antonio Masini nella sua Bologna perlustrata: "un soldato della guardia ponendosi ad orinare davanti a quella immagine, ripreso da alcuni, arrogantemente rispose che la Madonna era in cielo e subito divenne cieco cadendo  per terra come morto; ma chiedendo perdono ritornò sano". Da allora il Voltone fu denominato Voltone della Madonna del Popolo: per conservare il dipinto fu poi costruita una cappella votiva lungo il braccio che porta a piazza Nettuno. Nei secoli successivi la venerazione della Madonna del Popolo andò scemando e la cappella rimase abbandonata e - ancor peggio! - durante la notte la piccola chiesa diventava luogo dato agli scandali. Ciò indusse l'arcivescovo a ordinare (1772) la rimozione della sacra immagine. La chiesetta fu poi abbattuta.
Sotto il braccio che dà su San Petronio sono visibili le due forche collocate nel 1604: il primo a essere impiccato fu tale Domenico Grandi. Al momento di salire la scala verso il patibolo si gettò tra la folla. Il boia lo catturò e, infuriato, lo strozzò con le sue mani.
Tre curiosità: nel 1911 aprì l'albergo diurno voluto da Cleopatro Cobianchi: chiuse nel 1998. Per decenni, fino al 1884, sotto il Voltone vi era il casotto dei burattini di Filippo e Angelo Cuccoli. Per anni sotto il Voltone si è tenuta la fiera del libro.

lunedì 10 dicembre 2018

U - Ugo Bassi

"Il prete barnabita Ugo Bassi, patriota convinto divenne cappellano militare di Garibaldi. Arrestato dagli austriaci, fu fucilato".
Fu battezzato col nome di Giuseppe ma in seguito, in omaggio al poeta Ugo Foscolo, aggiunse il nome Ugo. Nato a Cento di Ferrara il 12 agosto 180, nel 1803 la famiglia di Ugo Bassi si trasferì a Bologna dove il giovane iniziò gli studi prima presso i padri Scolopi e poi presso i padri Barnabiti.
All'età di 20 anni prese i voti ed entrò nell'ordine dei Barnabiti. Vista la sua propensione a predicare, il suo ordine religioso lo "utilizzò" come predicatore e dal 1828 egli entrò nelle maggiori chiese d'Italia suscitando l'entusiasmo dei fedeli. I bolognesi lo apprezzarono in occasione della predica che tenne in San Petronio nel 1835.
Tuttavia le sue prediche spesso contenevano espressioni critiche di carattere politico, entusiasmando i liberali ma creando forti perplessità nelle gerarchie ecclesiastiche: fu invitato a Roma da papa Gregorio XVI che lo volle conoscere e gli consigliò prudenza.
Quando il nuovo papa Pio IX amnistiò i detenuti politici e lasciò intendere di volere un'altra Italia unita, Ugo Bassi esultò e scrisse un sonetto in lode del Papa, affiggendolo a una colonna all'angolo di Strada Maggiore. Ma Pio IX deluse le aspettative e Ugo Bassi riprese, anche con veemenza, le prediche contro gli austriaci criticando il governo Pontificio: gli fu fatto divieto di predicare.
Nel 1848, incurante delle restrizioni impostegli, decise di impegnarsi in prima persona per l'affermazione dei suoi ideali patriottici: il 25 aprile 1848 tenne un famoso discorso dalla scalinata di S. Petronio di fronte a una piazza gremita. Chiese ai bolognesi di sostenere la lotta per l'unità di Italia con offerte di denaro, preziosi e altri oggetti. Poi raggiunse Giuseppe Garibaldi che stava difendendo in armi la Repubblica romana contro le truppe francesi chiamate dal Papa. Dopo la sconfitta, Ugo Bassi, divenuto cappellano militare delle truppe garibaldine,  fuggì con lo stesso Garibaldi, Anita e altri compagni verso l'Adriatico. Arrestato a Comacchio il 3 agosto 1849 con il capitano Giovanni Livraghi, fu trasferito in carcere a Bologna: senza alcun processo, entrambi furono condannati alla fucilazione, per ordine del generale Gorzkowski. L'esecuzione avvenne l'8 agosto 1849, un anno esatto dopo la gloriosa giornata di lotta dei bolognesi, fra il 66° ed il 67° arco  del portico che dal Meloncello conduce alla Certosa, all'altezza della torre di Maratona dello stadio comunale.
Il coraggioso barnabita fu un precursore dell'Italia Unita e per essa non esitò a offrire la propria vita.

martedì 4 dicembre 2018

Bavarese al cioccolato con inserto alle nocciole caramellate


Dovevo fare una torta  per un ventesimo compleanno, la volevo buona. Ho deciso quindi di andare a rovistare tra le splendide ricette di Pinella scegliendo questa. Sapevo in partenza che non avrei potuto sbagliare anche volendo, ma mai immaginavo che sarebbe stato innamoramento totale. Buonissima!! Per le decorazioni non mi sono espressa troppo tranne un poco di cacao sul piatto :-), ma la superficie doveva venire coperta dalle candeline...
Riporto le sue spiegazioni da una ricetta di Maurizio Santin.

Bavarese al cioccolato con inserto alle nocciole caramellate

Biscuit fondant al cioccolato

250 g di cioccolato al 50%
200 g di burro
180 g di zucchero semolato
200 g di uova intere
70 g di farina setacciata

Far fondere il cioccolato a bagnomaria e farlo freddare fino a 40°C. Ridurre il burro in pomata, cioè ammorbidirlo anche poche secondi al MO e poi lavorarlo con un cucchiaio fino a renderlo simile ad una crema. Poi metterlo in planetaria e montarlo con lo zucchero, le uova ma aggiunte lentamente e infine la farina. A questo punto amalgamare il cioccolato. Prendere una teglia da biscotti da 30 x 40 cm , foderarla con carta forno e stenderci il biscuit. Infornare a 170°C a forno leggermente aperto per 14 minuti. Il biscuit deve sembrare poco cotto. Fatelo raffreddare poi mettetelo in frigo.
Bavarese al cioccolato

350 g di crema inglese per cremosi
6 g di gelatina
150 g di cioccolato al 70%
Oppure
160 g di cioccolato al 60%
Oppure
175 g di cioccolato al 55
Oppure
210 g di cioccolato al latte o gianduia
450 g di panna montata

Preparare la crema inglese e aggiungervi la gelatina. Far fondere il cioccolato e versarvi al centro la crema inglese, in più volte e lavorando come per una maionese. Far scendere la temperatura a circa 35°C e aggiungervi la panna montata.

Crema inglese di base per cremosi 

700 g di panna fresca
300 g di latte fresco
220 g di rossi d’uovo
130 g di zucchero

Bollire insieme latte e panna, mescolare in una bacinella lo zucchero con le uova cercando di incorporare meno aria possibile. Unire il liquido bollente alle uova e rimettere il tutto nella casseruola, riportare sul fuoco e cuocere sino a raggiungere la temperatura di 82/85°. Passare al setaccio e omogeneizzare con l’aiuto di un mixer ad immersione.

Bavarese alle nocciole caramellate 
4 tuorli
100 di zucchero semolato
250 di latte fresco intero
300 di panna fresca
6 di gelatina 
2 cucchiaiate generose di nocciole caramellate 

Scaldare bene il latte. Battere i tuorli con lo zucchero, facendo attenzione a non creare troppa schiuma (non battere eccessivamente) e aggiungere il latte caldo. Cuocere la crema a fuoco molto basso finché vela il cucchiaio, cioè portarla alla temperatura di 82°C-85°C. Togliere dal fuoco ed unire la polvere di nocciole e la colla di pesce precedentemente ammollata. Fare raffreddare la crema finché raggiunge la temperatura di 30-32°C. Nel frattempo montare la panna ed unirne una cucchiaiata alla crema senza particolari precauzioni. Versare la crema nella panna e rimescolare con delicatezza. Colare la bavarese in uno stampo ad anello di circa 20 cm e farlo freddare in freezer.
NOTA:Avevo già fatto per un altro dessert una bavarese alle nocciole e avevo tenuto da parte un disco di circa 20 cm di diametro e 2 cm d'altezza. Ecco perché la ricetta è differente da quella di Santin, ma se decidete di fare il dolce, aggiungete alla crema inglese una generosa cucchiaiata di nocciole caramellate ben tritate e poi continuate come ho spiegato.
Io non avevo le nocciole caramellate le ho fatte, facendo caramellare un poco di zucchero poi buttando le nocciole e rimescolando. Spento, fatto raffreddare e tritate.


Composizione
Rivestire di acetato uno stampo ad anello di 24 cm di diametro. Colare all'interno la bavarese al cioccolato fino a circa metà altezza. Far freddare in frigo per circa 10 minuti. Inserire al centro la bavarese di nocciole, sistemare sulla superficie ancora un po' di nocciole caramellate tagliate grossolanamente e ricoprire con la restante bavarese.


Livellare e far freddare in freezer. Ritagliare un disco di biscotto al cioccolato e adagiarlo sulla superficie del dolce. Capovolgere la bavarese sul piatto e decorare.
Io ho spolverizzato la superficie con un po' di cacao amaro e ho, quindi, ricoperto con un velo di glassa neutra a freddo, spalmandola con una spatola. Ripetere lo stesso anche sui bordi e "incollare" alla base delle crepes dentelles sbriciolate.
Decorare con nocciole caramellate ed evoluzioni di cioccolato.

domenica 2 dicembre 2018

T - Tortellini


"I tortellini, la pasta fresca e la mortadella contribuirono al rilancio dell'economia bolognese dalla seconda metà dell'ottocento."
Fino agli ultimi decenni dell'Ottocento Bologna era una città povera: tanti cittadini pativano la fame, le condizioni igieniche delle abitazioni erano spaventose, di industrie nemmeno l'ombra il lavoro scarseggiava e, quando c'era, era mal pagato. In altre nazioni si usava già l'elettricità, o almeno il motore a vapore, mentre a Bologna si continuava a usare l'energia dell'acqua, con l'aggravante della scarsa manutenzione di canali e condotti.
La ripresa fu determinata dal coraggio di imprenditori che verso la fine del secolo investirono sull'innovazione tecnologica. Svettò nel cielo la prima ciminiera di una fabbrica, la Calzoni in via Boldrini. Ma i settori che maggiormente si svilupparono furono quello dei salumi e della  pasta fresca: mortadella e tortellini diedero un grande impulso allo sviluppo economico.Nacquero molte fabbriche "a vapore" per la produzione di salumi e si diffusero laboratori di pasta fresca dove lavoravano miglia di "tortellinaie".
Le ditte Bertagni e Zambelli, fra i più famosi produttori di pasta fresca, si attrezzarono con moderni stabilimenti puntando anche sull'esportazione dei loro prodotti. Ma determinante per lo sviluppo dell'industria alimentare bolognese fu la tecnologia, con la scoperta della scatola a chiusura stagna. Ciò permise l'esportazione annua di 2000.000 mortadelle di vario peso e di quintali di pasta fresca, soprattutto tortellini.
Il boom della pasta fresca indusse altri imprenditori ad aprire stabilimenti e laboratori che misero in crisi quelli già affermati: Bertagni si vide costretto, nel 1909, a licenziare 42 delle 95 "tortellinaie" della fabbrica di via Milazzo. Fu il primo sciopera al femminile e fece molto rumore nella città e sui giornali.
Ma la vera e propria rivoluzione nel settore fu ancora introdotta dal progresso tecnologico: nel 1909 un'azienda bolognese, la ditta Zamboni & Troncon con officina in via Frassinago, mise a punto una "tortellinatrice", cioè una macchina in grado di produrre 5.000 tortellini all'ora La macchina stendeva la sfoglia, la tagliava in quadretti sui quali veniva collocato il ripieno e, infine, chiudeva il tortellino.
Dopo questa macchina, che nel 1912 ottenne la medaglia d'oro del "Premio Umberto I", l'azienda ne mise a punto altre per produrre paste alimentari (tagliatelle, farfalle...). In quell'officina di via Frassinago si formarono Armando Simoni, che fondò la OMAS (PENNE  stilografiche), e Otello Cattabriga, che aprì l'azienda per la produzione di macchine per gelati.