mercoledì 25 gennaio 2023

Calende - previsioni 2023


 Premetto che oggi San Paolo non ha convertito perchè è nuvoloso, riporto comunque le previsioni dei mesi che indicativamente comunque dovrebbero indicare come sarà il tempo. Al massimo ci sbagliano 😂

Mese               prima quindicina         seconda quindicina

gennaio              bello                          variabile
febbraio              bello umido              brutto
marzo                 bello umido              brutto
aprile                  bello umido              brutto
maggio               bello                         bello
giugno                bello umidità             bello
luglio                  bello umidità             brutto
agosto                 variabile                    brutto
settembre           variabile
ottobre                bello                          umido
novembre           bello                           bello
dicembre            bello                           bello

Granarolo dell'Emilia


 Sfogliando una vecchia agenda ereditata dai miei suoceri, "Al liber ed quall ch'pega l'oli", ho trovato molte cose interessanti che ho deciso di riportare qui, perchè mi dispiace che vadano perse.

Chi partendo da Bologna lascia alle spalle Porta Zamboni e si inoltra verso nord, percorrendo Via San Donato, a undici chilometri dalla città, là dove la pianura si allarga all'infinito, trova Granarolo dell'Emilia. Certo non ci sono più le siepi di biancospino che delimitavano le singole unità poderali e offrivano a primavera uno spettacolo incantevole per la fioritura e l'intenso profumo, né le ampie distese di grano da cui Granarolo trasse il nome, o le verdi macchie di canapa, un tempo assai coltivata. Oggi la terra è riservata a una coltura intensiva. 

Granarolo è sede comunale da poco più di un secolo. Fino al 1876, la sede comunale fu Viadagola, ora la frazione più più piccola di Granarolo, ma ricca di storia e di insigni monumenti. Qualcuno vuole che da un amore di Re Enzo con una bella di Viadagola, ricordata anche dal Pascoli, nascesse nel 1252 il capostipite della famiglia Bentivoglio che dominò Bologna. Altre frazioni di Granarolo sono: Quarto, Cadriano, Lovoleto. Le chiese delle frazioni e del capoluogo conservano opera d'arte di grande valore come un coro in noce del seicento, un quadro del Guercino e due della Sirani a Granarolo. Un Guercino e un quadro del Francia a Cadriano con uno splendido mobilio in radica del seicento, nella sagrestia. A Quarto quadri del Carlvart, del Faccini e Tiarini.

Tipiche le antiche case coloniche, specie a Viadagola, risalenti al cinque-seicento, la villa già dei Pallavicini ed ora dei Sapori, Villa Mignani a Cadriano che fu già di Marco Minghetti. Un "Ospitale" del 1454 a Lovoleto. A Granarolo, la casa che ospitò l'esploratore africano Pellegrino Matteucci. 

Il nome di Granarolo è ricordato per la prima volta, negli atti ufficiali, nel 1129 quando negli atti della Sapienza bolognese fu scritto fra il numero dei notai un tale Ugolino di Giacobino di Domenico da Granarolo. L'amore per la libertà e l'indipendenza dei granarolesi non risale solo alla resistenza contro la dittatura fascista, ma è di antica data. Infatti nel 1362 quando i Visconti di Milano avevano steso la loro potenza fin sopra Bologna e i soldati viscontei si erano accampati presso la chiesa di Granarolo, i granarolesi si unirono ai bolognesi e sconfissero i soldati viscontei per cui molti granarolesi entrarono a far parte degli uomini che costituivano il consiglio dei 600 di Bologna.


Chiesa e municipio


Nel 1405 il distretto di Granarolo si trova in potere del conte Alberigo di Barbiano il quale, non rispettando i patti di una pace conclusa, ben presto viene estromesso e Granarolo è nuovamente libero.

Che popolazione poteva avere Granarolo a quei tempi? Nel 1573 l'animato della parrocchia di Granarolo, come risulta dai dati della visita pastorale di Mons. Ascanio Marchesini è di 455 e nel 1846 di 950, oggi passa i 3.000 (anno 1986 ndr).

Curiosità etimololiche. Se è chiaro  che il nome di Granarolo deriva da grano (i maligni dicono da "grane"). Quarto perchè sorto al quarto miglio da Bologna e Cadriano da una famiglia romana "Gens Caturia" (e che vi fossero ricche famiglie romane in loco, lo confermano le molte monete romane scoperte durante scavi nel 1822 e 1845) non è chiara l'etimologia di Lovoleto e Viadagola. 

Dice la storiella: alcuni mercanti avevano un asino da vendere e incominciarono le trattative. Se lo volete il prezzo è tanto...lo volete...lo volete e, cammin facendo, ormai stanchi della lunga trattativa, uno esclamò; "via, dagol!" onde Lovoleto ove iniziò la trattativa e Viadagola ove fu conclusa. Direbbe il Cellini: "Non so perché i dotti si affatichino tanto su l'etimologia di certi nomi che sono di così facile interpretazione":

Oggi Granarolo è conosciuto per il latte e ancor più per la squadra di basket "la Granarolo Felsinea" che ha vinto il campionato nel 1984. Granarolo è un paese prevalentemente industriale anche se conserva una parte di agricoltura intensiva. Se l'insediamento industriale avesse seguito il ritmo degli anni settanta, oggi, di grano, rimarrebbe quello delle spighe ornano lo stemma del comune.


Olmo gigante proprietà Marcovigi

Brighetti Carlo -Il contadino poeta di Granarolo Emilia

Carlo Brighetti un contadino nato ad Argelato nel 1874, si trasferì con la famiglia in un podere chiamato "La grolla" dietro il municipio di Granarolo Emilia, dove ora sorgono dei palazzi. Fu qui che il giovane sulla ventina riuscì ad ottenere la qualifica di "Massér", il massimo riconoscimento a cui poteva aspirare un rimatore come lui che si dilettava a scrivere Zirudelle su fatti di cronaca spicciola e paesana. Quel traguardo ambizioso venne conquistato dal giovane con l'impegno, la creatività, l'estro, le sfide in campo aperto con i Franchini (famiglia di cui faceva parte mia suocera, con mio grande onore), una prestigiosa dinastia di rimatori la fama dei quali, andava ben oltre i confini di Granarolo. Lui senza timori irreverenziali amava misurarsi con rivali davanti al pubblico, il giudice più competente e più severo, che scoprì in Brighetti oltre all'innato talento il grande cuore di un uomo onesto, amante della pace, della libertà e della giustizia. Tutti sentimenti che riusciva a trasmettere negli spettacoli come "il rogo della vecchia" e "la mascherata", scritti di suo pugno, che andava a ra84ppresentare nelle piazze dei paesi campagnoli, mentre sapeva mettere in burla fatterelli gustosi come quello dei campanari di Granarolo con la freschezza creativa della sua vena ironica. 
Bologna, giugno 1985                                                                      Armide Broccoli

                                                                      Scuole Comunali










martedì 24 gennaio 2023

Dialetto bolognese, coniugazione verbi: Tacere Toccare Urlare Usare Vedere Volere

 


VERBO TACERE=  TÈSER


1° persona singolare io taccio= mé a tès
2° persona singolare tu taci= té t tès
3° persona singolare lui tace= ló al tès
3° persona singolare quello tace= lu-là al tès
3° persona singolare egli tace= ló al tès
3° persona singolare lei tace= lî la tès
3° persona singolare quella tace= lî-là la tès
3° persona singolare essa tace= lî la tès
1° persona plurale noi taciamo= nó a tasän
1° persona plurale noi altri taciamo = nuéter a tasän
1° persona plurale noi altre taciamo = nuétri a tasän
2° persona plurale voi tacete = vó a tasî
2° persona plurale voi altri tacete = vuèter a tasî
2° persona plurale voi altre tacete = vuètri a tasî
3° persona plurale loro tacciono (maschile)=låur i tèsen
3° persona plurale loro tacciono (femminile)=låur äl tèsen

VERBO TOCCARE= TUCHÉR

indicativo presente

1° persona singolare io tocco= mé a tåcc
2° persona singolare tu tocchi = té t tåcc
3° persona singolare lui tocca= ló al tåcca
3° persona singolare quello tocca= lu-là al tåcca
3° persona singolare egli tocca= ló al tåcca
3° persona singolare lei tocca= lî la tåcca
3° persona singolare quella tocca= lî-là la tåcca
3° persona singolare essa tocca= lî la tåcca
1° persona plurale noi tocchiamo= nó a tucän
1° persona plurale noi altri tocchiamo = nuéter a tucän
1° persona plurale noi altre tocchiamo = nuétri a tucän
2° persona plurale voi toccate = vó a tuchè
2° persona plurale voi altri toccate = vuèter a tuchè
2° persona plurale voi altre toccate = vuètri a tuchè
3° persona plurale loro toccano (maschile)= låur i tåcchen
3° persona plurale loro toccano (femminile)= låur äl tåcchen
3° persona plurale loro dormono (femminile)=låur äl dormen

VERBO URLARE= SVARSLÈR


1° persona singolare io urlo= mé a svêrsel
2° persona singolare tu urli= té t svêrsel
3° persona singolare lui urla= ló al svêrsla
3° persona singolare quello urla= lu-là al svêrsla
3° persona singolare egli urla= ló al svêrsla
3° persona singolare lei urla = lî la svêrsla
3° persona singolare quella urla= lî-là la svêrsla
3° persona singolare essa urla= lî la svêrsla
1° persona plurale noi urliamo= nó a svarslän
1° persona plurale noi altri urliamo = nuéter a svarslän
1° persona plurale noi altre urliamo = nuétri a svarslän
2° persona plurale voi urlate = vó a svarslè
2° persona plurale voi altri urlate = vuèter a svarslè
2° persona plurale voi altre urlate = vuètri a svarslè
3° persona plurale loro urlano (maschile)= låur i svêrslen
3° persona plurale loro urlano (femminile)=låur äl svêrslen

USARE= (A)DRUVÈR
 (la A fra parentesi nel verbo all’infinito è praticamente muta, mentre figura in diverse persone della coniugazione. Non lo chiedete a me, perché in questo caso andrei a “occhio”.

1° persona singolare io uso= mé adrôv
2° persona singolare tu usi= té t adrôv
3° persona singolare lui usa= ló al adrôva
3° persona singolare quello usa= lu-là adrôva
3° persona singolare egli usa= ló l’ adrôva
3° persona singolare lei usa= lî l’ adrôva
3° persona singolare quella usa= lî-là l’ adrôva
3° persona singolare essa usa= lî l’adrôva
1° persona plurale noi usiamo= nó adruvän
1° persona plurale noi altri usiamo = nuéter adruvän
1° persona plurale noi altre usiamo = nuétri adruvän
2° persona plurale voi usate = vó adruvè
2° persona plurale voi altre usate  =  vuètri adruvè
3° persona plurale loro usano (maschile)= låur i adrôven
3° persona plurale loro usano (femminile)=låur äli adrôven

 VERBO VEDERE= VÀDDER

indicativo presente


1° persona singolare io vedo= mé a vadd
2° persona singolare tu vedi = té t vadd
3° persona singolare lui vede= ló al vadd
3° persona singolare quello vede= lu-là al vadd
3° persona singolare egli vede= ló al vadd
3° persona singolare lei vede= lî la vadd
3° persona singolare quella vede= lî-là la vadd
3° persona singolare essa vede= lî la vadd
1° persona plurale noi vediamo= nó a vdän
1° persona plurale noi altri vediamo = nuéter a vdän
1° persona plurale noi altre vediamo = nuétri a vdän
2° persona plurale voi vedete = vó a vdî
2° persona plurale voi altri vedete = vuèter a vdî
2° persona plurale voi altre vedete = vuètri a vdî
3° persona plurale loro vedono (maschile)= låur i vàdden
3° persona plurale loro vedono (femminile)= låur äl vàdden

VERBO VOLERE= VLAIR

indicativo presente

1° persona singolare io voglio= mé a vói

2° persona singolare tu vuoi = té t vû

3° persona singolare lui vuole= ló al vôl
3° persona singolare quello vuole= lu-là al vôl
3° persona singolare egli vuole= ló al vôl
3° persona singolare lei vuole= lî la vôl
3° persona singolare quella vuole= lî-là la vôl
3° persona singolare essa vuole= lî la vôl
1° persona plurale noi vogliamo= nó a vlän
1° persona plurale noi altri vogliamo = nuéter a vlän
1° persona plurale noi altre vogliamo = nuétri a vlän
2° persona plurale voi volete = vó a vlî
2° persona plurale voi altri volete = vuèter a vlî
2° persona plurale voi altre volete  =   vuètri a vlî
3° persona plurale loro vogliono (maschile)=låur i vôlen
3° persona plurale loro vogliono (femminile)=låur äl vôlen



lunedì 23 gennaio 2023

Dialetto bolognese, coniugazione verbi: parlare, salutare, sapere, sentire

 


PARLARE= DSCÅRRER



1° persona singolare io parlo= mé a dscårr
2° persona singolare tu parli = té t dscårr
3° persona singolare lui parla= ló al dscårr
3° persona singolare quello parla= lu-là al dscårr
3° persona singolare egli parla= ló al dscårr
3° persona singolare lei parla= lî la dscårr
3° persona singolare quella parla= lî-là la dscårr
3° persona singolare essa parla= lî la dscårr
1° persona plurale noi parliamo= nó a dscurän
1° persona plurale noi altri parliamo = nuéter a dscurän
1° persona plurale noi altre parliamo = nuétri a dscurän
2° persona plurale voi parlate = vó a dscurî
2° persona plurale voi altri parlate = vuèter dscurî
2° persona plurale voi altre parlate = vuètri a t dscurî
3° persona plurale loro parlano (maschile)= låur i dscårren
3° persona plurale loro parlano (femminile)= låur äl dscårren

VERBO SALUTARE=  SALUTÈR

1° persona singolare io saluto= mé a salût
2° persona singolare tu saluti= té t salût
3° persona singolare lui saluta= ló al salûta
3° persona singolare quello saluta= lu-là al salûta
3° persona singolare egli saluta= ló al salûta
3° persona singolare lei saluta= lî la salûta
3° persona singolare quella saluta= lî-là la salûta
3° persona singolare essa saluta= lî la salûta
1° persona plurale noi salutiamo= nó a salutän
1° persona plurale noi altri salutiamo = nuéter a salutän
1° persona plurale noi altre salutiamo =nuétri a salutän
2° persona plurale voi salutate = vó a salutè
2° persona plurale voi altri salutate = vuèter a salutè
2° persona plurale voi altre salutate = vuètri a salutè
3° persona plurale loro salutano (maschile)= låur i salûten
3° persona plurale loro salutano (femminile)=låur äl salûten

VERBO SAPERE= SAVAIR

indicativo presente


1° persona singolare io so= mé a sò
2° persona singolare tu sai= té t sè
3° persona singolare lui sa= ló al sà
3° persona singolare quello sa= lu-là al sà
3° persona singolare egli sa= ló al sà
3° persona singolare lei sa= lî la sà
3° persona singolare quella sa= lî-là sà
3° persona singolare essa sa= lî la sà
1° persona plurale noi sappiamo= nó a savän
1° persona plurale noi altri sappiamo = nuéter a savän
1° persona plurale noi altre sappiamo = nuétri a savän
2° persona plurale voi sapete = vó a savî
2° persona plurale voi altri sapete = vuèter a savî
2° persona plurale voi altre sapete = vuètri a savî
3° persona plurale loro sanno (maschile)= låur i san
3° persona plurale loro sanno (femminile)= låur äl san

VERBO SENTIRE= SÉNTER

indicativo presente

1° persona singolare io sento= mé a sént
2° persona singolare tu senti = té t sént
3° persona singolare lui sente= ló al sént
3° persona singolare quello sente= lu-là al sént
3° persona singolare egli sente= ló al sént
3° persona singolare lei sente= lî la sént
3° persona singolare quella sente= lî-là la sént
3° persona singolare essa sente= lî la sént
1° persona plurale noi sentiamo= nó a sintän
1° persona plurale noi altri sentiamo = nuéter a sintän
1° persona plurale noi altre sentiamo = nuétri a sintän
2° persona plurale voi sentite = vó a sintî
2° persona plurale voi altri sentite = vuèter a sintî
2° persona plurale voi altre sentite = vuètri a sintî

domenica 22 gennaio 2023

Dialetto bolognese, coniugazione verbi: dormire, fare, finire.


VERBO DORMIRE=  DURMÎR

1° persona singolare   io dormo= mé a  dôrum
2° persona singolare tu dormi=  té t dôrum
3° persona singolare lui dorme=  ló al dôrum
3° persona singolare quello dorme=  lu-là al dôrum
3° persona singolare egli dorme=  ló al dôrum
3° persona singolare lei dorme=  lî la dôrum
3° persona singolare quella dorme=  lî-là la dôrum
3° persona singolare essa dorme=  lî la dôrum
1° persona plurale      noi dormiamo= nó a durmän
1° persona plurale      noi altri dormiamo = nuéter a durmän
1 persona plurale      noi altre dormiamo = nuétri a durmän
2° persona plurale voi dormite  =  vó a durmî
2° persona plurale voi altri dormite  =  vuèter a durmî
2° persona plurale voi altre dormite  =   vuètri a durmî

VERBO FARE= FÈR

indicativo presente


1° persona singolare   io faccio= mé a fâg
2° persona singolare  tu fai=  té t fè
3° persona singolare lui fa=  ló al fà
3° persona singolare quello fa=  lu-là al fà
3° persona singolare egli fa=  ló al fà
3° persona singolare lei fa=  lî la  fà
3° persona singolare quella fa=  lî-là la fà
3° persona singolare essa fa=  lî la  fà
1° persona plurale      noi facciamo=   nó a fän
1° persona plurale      noi altri facciamo = nuéter  a  fän
1° persona plurale      noi altre facciamo = nuétri a  fän
2° persona plurale voi fate  =  vó a fè
2° persona plurale voi altri fate  =  vuèter a fè
2° persona plurale voi altre fate  =   vuètri a fè
3° persona plurale loro fanno (maschile)= låur i fan
3° persona plurale loro fanno (femminile)= låur äl fan

VERBO FINIRE= FINÎR


1° persona singolare io finisco= mé a finéss
2° persona singolare tu finisci= té t finéss
3° persona singolare lui finisce= ló al finéss
3° persona singolare quello finisce= lu-là al finéss
3° persona singolare egli finisce= ló al finéss
3° persona singolare lei finisce= lî la finéss
3° persona singolare quella finisce= lî-là la finéss
3° persona singolare essa finisce= lî la finéss
1° persona plurale noi finiamo= nó a finän
1° persona plurale noi altri finiamo = nuéter a finän
1° persona plurale noi altre finiamo = nuétri a finän
2° persona plurale voi sembrate = vó a finî
2° persona plurale voi altri finite = vuèter a finî
2° persona plurale voi altre finite = vuètri a finî
3° persona plurale loro finiscono (maschile)=låur i finéssen
3° persona plurale loro finiscono (femminile)=låur äl finéssen



 

sabato 21 gennaio 2023

Dialetto bolognese, coniugazione verbi: leggere, mandare, morire


 VERBO LEGGERE=   LÈZER



1° persona singolare io leggo= mé a lèz
2° persona singolare tu leggi= té t lèz
3° persona singolare lui legge= ló al lèz
3° persona singolare quello legge= lu-là al lèz
3° persona singolare egli legge= ló al lèz
3° persona singolare lei legge= lî la lèz
3° persona singolare quella legge= lî-là la lèz
3° persona singolare essa legge= lî la lèz
1° persona plurale noi iamo= nó a lizän
1° persona plurale noi altri leggiamo = nuéter a lizän
1° persona plurale noi altre leggiamo = nuétri a lizän
2° persona plurale voi leggete = vó a lizî
2° persona plurale voi altri legge te = vuèter a lizî
2° persona plurale voi altre legge te = vuètri a lizî
3° persona plurale loro leggono (maschile)= låur i lèzen
3° persona plurale loro leggono (femminile)=låur äl lèzen

MANDARE= MANDÈR

indicativo presente

1° persona singolare io mando= mé a mand
2° persona singolare tu mandi= té t mand
3° persona singolare lui manda= ló al manda
3° persona singolare quello manda=lu-là al manda
3° persona singolare egli manda= ló al manda
3° persona singolare lei manda= lî la manda
3° persona singolare quella manda=lî-là la manda
3° persona singolare essa manda= lî la manda
1° persona plurale noi mandiamo= nó a mandän
1° persona plurale noi altri mandiamo =nuéter a mandän
1° persona plurale noi altre mandiamo =nuétri a mandän
2° persona plurale voi mandate = vó a mandè
2° persona plurale voi altri mandate = vuèter a mandè
2° persona plurale voi altre mandate =vuètri a mandè
3° persona plurale loro mandano (maschile)=låur i mànden
3° persona plurale loro mandano (femminile)=låur äl mànden

VERBO MORIRE=  MURÎR

1° persona singolare io muoio= mé a môr
2° persona singolare tu muori= té t môr
3° persona singolare lui muore= ló al môr
3° persona singolare quello muore= lu-là môr
3° persona singolare egli muore= ló al môr
3° persona singolare lei muore= lî la môr
3° persona singolare quella muore= lî-là môr
3° persona singolare essa muore= lî la môr
1° persona plurale noi moriamo= nó a murän
1° persona plurale noi altri moriamo = nuéter a murän
1° persona plurale noi altre moriamo = nuétri a murän
2° persona plurale voi morite = vó a murî
2° persona plurale voi altri morite = vuèter a murî
2° persona plurale voi altre morite = vuètri a murî
3° persona plurale loro muoiono (maschile)= låur i môren
3° persona plurale loro muoiono (femminile)=låur äl môren



venerdì 20 gennaio 2023

Dialetto bolognese, coniugazione verbi: andare, cominciare, dire

 

VERBO ANDARE= ANDÈR

indicativo presente

1° persona singolare   io vado=  mé a vâg
2° persona singolare tu vai  =  té t vè
3° persona singolare lui va=  ló al và
3° persona singolare quello va=  lu-là al và
3° persona singolare egli va=  ló al và
3° persona singolare lei va=  lî la và
3° persona singolare quella va=  lî-là la và
3° persona singolare essa va=  lî la và
1° persona plurale      noi andiamo= nó andän
1° persona plurale      noi altri andiamo = nuéter  andän
1° persona plurale      noi altre abbiamo = nuétri andän
2° persona plurale voi andate  =  vó andè
2° persona plurale voi altri andate  =  vuèter andè
2° persona plurale voi altre andate  =   vuètri andè
3° persona plurale loro vanno (maschile)= låur i van
3° persona plurale loro vanno (femminile)=  låur äl van

VERBO COMINCIARE=  CMINZIPIÈR

1° persona singolare   io comincio= mé a  cminzéppi
2° persona singolare tu cominci=  té t cminzéppi
3° persona singolare lui comincia=  ló al cminzéppia
3° persona singolare quello comincia=  lu-là al cminzéppia
3° persona singolare egli comincia=  ló al cminzéppia
3° persona singolare lei comincia=  lî la cminzéppia
3° persona singolare quella comincia=  lî-là la cminzéppia
3° persona singolare essa comincia= lî la cminzéppia
1° persona plurale      noi cominciamo= nó a cminzipiän
1° persona plurale      noi altri cominciamo =nuéter a  cminzipiän
1° persona plurale      noi altre cominciamo =nuétri a  cminzipiän
2° persona plurale voi d cominciate  = vó a cminzipiè
2° persona plurale voi altri cominciate  = vuèter a cminzipiè
2° persona plurale voi altre cominciate  =vuètri a cminzipiè
3° persona plurale loro cominciano (maschile)=låur i cminzéppien
3° persona plurale   loro cominciano (femm.)=låur äl cminzéppien


VERBO DIRE= DÎR

indicativo presente

1° persona singolare    io dico=                         mé a dégg
2° persona singolare tu dici  =                           té t dî
3° persona singolare lui dice=                            ó al dîs
3° persona singolare quello dice=                      lu-là al dîs
3° persona singolare egli dice=                          ló al dîs
3° persona singolare lei dice=                            lî la dîs
3° persona singolare quella dice=                      lî-là la dîs
3° persona singolare essa dice=                         lî la  dîs
1° persona plurale      noi diciamo=                   nó a giän
1° persona plurale      noi altri diciamo =           nuéter  a   giän
1° persona plurale      noi altre diciamo =          nuétri a   giän
2° persona plurale voi dite  =                             vó a gî
2° persona plurale voi altri dite  =                     vuèter a gî
2° persona plurale voi altre dite  =                    vuètri a gî
3° persona plurale loro dicono (maschile)=      låur i dîsen
3° persona plurale loro dicono (femminile)=    låur äl dîsen



giovedì 19 gennaio 2023

Dialetto bolognese, coniugazione dei verbi: essere, avere


Tempo fa, su facebook, nel gruppo "Amanti del dialetto bolognese" il signor Claudio Balugani, ci fece un bellissimo regalo, pubblicò le coniugazioni dei verbi in bolognese. L'ho trovato talmente utile che me li sono ricopiati e che ora, anche se è passato del tempo, ho deciso di trascriverlo anche qui, per chi è amante, come me, del nostro dialetto, che oggigiorno si va sempre più perdendo, purtroppo.


VERBO ESSERE = éser

Indicativo presente


1° persona singolare io sono= mé a sån
2° persona singolare tu sei = té t î
3° persona singolare lui è= ló l é
3° persona singolare quello è= lu-là l é
3° persona singolare egli è= ló l é
3° persona singolare lei è= lî l é
3° persona singolare quella è= lî-là l é
3° persona singolare essa è= lî l é
1° persona plurale noi siamo= nó a sän
1° persona plurale noi altri= nuéter a sän
1° persona plurale noi altre= nuétri a sän
2° persona plurale voi siete = vó a sî
2° persona plurale voi altri siete = vuèter a sî
2° persona plurale voi altre siete = vuètri a sî
3° persona plurale loro sono (maschile)= låur i én
3° persona plurale loro sono (femminile)= låur äli én


VERBO AVERE= AVAIR

indicativo presente

1° persona singolare   io ho=  mé ai ò
2° persona singolare tu hai  =  té t è
3° persona singolare lui ha=  ló l à
3° persona singolare quello ha=  lu-là l à
3° persona singolare egli ha=  ló l à
3° persona singolare lei ha=  lî l à
3° persona singolare quella ha=  lî-là l à
3° persona singolare essa ha=  lî l à
1° persona plurale      noi abbiamo=         nó avän
1° persona plurale      noi altri abbiamo = nuéter  avän
1° persona plurale      noi altre abbiamo = nuétri avän
2° persona plurale voi avete  =  vó avî
2° persona plurale voi altri avete  =  vuèter avî
2° persona plurale voi altre avete  =   vuètri avî
3° persona plurale loro hanno (maschile)= låur i an
3° persona plurale loro hanno (femminile)= låur äli an




 

martedì 17 gennaio 2023

S.Antonio!


 Finalmente dopo tre anni di Covid, siamo riusciti a celebrare la ricorrenza con i panini, in versione "protetta", ma presenti. E' sempre bello condividere queste tradizioni con chi le conosce e con chi, invece, le impara, anche se, nella nostra zona, purtroppo non ci sono più molti animali a cui donarli. Mi ricordo i grandi festeggiamenti che si facevano tempo fa per questa ricorrenza; ricordo  i miei suoceri, che non uscivano mai di casa, in questa serata, insieme alle altre famiglie della zona, si ritrovavano a cena alla festa della Stadura, dove le varie tavolate si sfidavano tra loro con preparazioni culinarie. Un anno vennero a casa felicissimi per aver vinto con una crescenta di dimensioni di circa 2,5 metri per 1. Era festa grande. E come non ricordare le serate nelle opere parrocchiali con la polentata tutti in allegria, grandi e piccoli insieme. Che nostalgia! Peccato che si siano perse queste usanze.  Fortunatamente possiamo ancora ritrovarci insieme alla messa e apprezzare questi momenti in comunità. Alcuni momenti della celebrazione:



la benedizione dei panini




 




giovedì 5 gennaio 2023

Befana!

 


In questa notte si ritorna tutti bambini...

La “vera” storia della Befana

In un villaggio, non molto distante da Betlemme, viveva una giovane donna che si chiamava Befana. Non era brutta, anzi, era molto bella e aveva parecchi pretendenti.. Però aveva un pessimo caratteraccio. Era sempre pronta a criticare e a parlare male del prossimo. Cosicché non si era mai sposata, o perché non le andava bene l’uomo che di volta in volta le chiedeva di diventare sua moglie, o perché l’innamorato – dopo averla conosciuta meglio – si ritirava immediatamente.                                      

Era, infatti, molto egoista e fin da piccola non aveva mai aiutato nessuno. Era, inoltre, come ossessionata dalla pulizia. Aveva sempre in mano la scopa, e la usava così rapidamente che sembrava ci volasse sopra. La sua solitudine, man mano che passavano gli anni, la rendeva sempre più acida e cattiva, tanto che in paese avevano cominciato a soprannominarla “la strega”. Lei si arrabbiava moltissimo e diceva un sacco di parolacce. Nessuno in paese ricordava di averla mai vista sorridere. Quando non puliva la casa con la sua scopa di paglia, si sedeva e faceva la calza. Ne faceva a centinaia. Non per qualcuno, naturalmente! Le faceva per se stessa, per calmare i nervi e passare un po’ di tempo visto che nessuno del villaggio veniva mai a trovarla, né lei sarebbe mai andata a trovare nessuno. Era troppo orgogliosa per ammettere di avere bisogno di un po’ di amore ed era troppo egoista per donare un po’ del suo amore a qualcuno. E poi non si fidava di nessuno. Così passarono gli anni e la nostra Befana, a forza di essere cattiva, divenne anche brutta e sempre più odiata da tutti. Più lei si sentiva odiata da tutti, più diventava cattiva e brutta.

Aveva da poco compiuto settant’anni, quando una carovana giunse nel paese dove abitava. C’erano tanti cammelli e tante persone, più persone di quante ce ne fossero nell’intero villaggio. Curiosa com’era vide subito che c’erano tre uomini vestiti sontuosamente e, origliando, seppe che erano dei re. Re Magi, li chiamavano. Venivano dal lontano oriente, e si erano accampati nel villaggio per far riposare i cammelli e passare la notte prima di riprendere il viaggio verso Betlemme. Era la sera prima del 6 gennaio. Borbottando e brontolando come al solito sulla stupidità della gente che viaggia in mezzo al deserto e disturba invece di starsene a casa sua, si era messa a fare la calza quando sentì bussare alla porta. Lo stomaco si strinse e un brivido le corse lungo la schiena. Chi poteva essere? Nessuno aveva mai bussato alla sua porta. Più per curiosità che per altro andò ad aprire. Si trovò davanti uno di quei re. Era molto bello e le fece un gran sorriso, mentre diceva: “Buonasera signora, posso entrare?”. Befana rimase come paralizzata, sorpresa da questa imprevedibile situazione e, non sapendo cosa fare, le scapparono alcune parole dalla bocca prima ancora che potesse ragionare: “Prego, si accomodi”. Il re le chiese gentilmente di poter dormire in casa sua per quella notte e Befana non ebbe né la forza né il coraggio di dirgli di no. Quell’uomo era così educato e gentile con lei che si dimenticò per un attimo del suo caratteraccio, e perfino si offrì di fargli qualcosa da mangiare. Il re le parlò del motivo per cui si erano messi in viaggio. Andavano a trovare il bambino che avrebbe salvato il mondo dall’egoismo e dalla morte. Gli portavano in dono oro, incenso e mirra. “Vuol venire anche lei con noi?”. “Io?!” rispose Befana.. “No, no, non posso”. In realtà poteva ma non voleva. Non si era mai allontanata da casa.

Tuttavia era contenta che il re glielo avesse chiesto. “Vuole che portiamo al Salvatore un dono anche da parte sua?”. Questa poi… Lei regalare qualcosa a qualcuno, per di più sconosciuto. Però le sembrò di fare troppo brutta figura a dire ancora di no. E durante la notte mise una delle sue calze, una sola, dove dormiva il re magio, con un biglietto: “per Gesù”. La mattina, all’alba, finse di essere ancora addormentata e aspettò che il re magio uscisse per riprendere il suo viaggio.

Era già troppo in imbarazzo per sostenere un’altra, seppur breve, conversazione.

Passarono trent’anni. Befana ne aveva appena compiuti cento. Era sempre sola, ma non più cattiva. Quella visita inaspettata, la sera prima del sei gennaio, l’aveva profondamente cambiata. Anche la gente del villaggio nel frattempo aveva cominciato a bussare alla sua porta. Dapprima per sapere cosa le avesse detto il re, poi pian piano per aiutarla a fare da mangiare e a pulire casa, visto che lei aveva un tale mal di schiena che quasi non si muoveva più. E a ciascuno che veniva, Befana cominciò a regalare una calza. Erano belle le sue calze, erano fatte bene, erano calde. Befana aveva cominciato anche a sorridere quando ne regalava una, e perciò non era più così brutta, era diventata perfino simpatica.

Nel frattempo dalla Galilea giungevano notizie di un certo Gesù di Nazareth, nato a Betlemme trent’anni prima, che compiva ogni genere di miracoli. Dicevano che era lui il Messia, il Salvatore. Befana capì che si trattava di quel bambino che lei non ebbe il coraggio di andare a trovare.

Ogni notte, al ricordo di quella notte, il suo cuore piangeva di vergogna per il misero dono che aveva fatto portare a Gesù dal re magio: una calza vuota… una calza sola, neanche un paio! Piangeva di rimorso e di pentimento, ma questo pianto la rendeva sempre più amabile e buona.

Poi giunse la notizia che Gesù era stato ucciso e che era risorto dopo tre giorni. Befana aveva allora 103 anni. Pregava e piangeva tutte le notti, chiedendo perdono a Gesù. Desiderava più di ogni altra cosa rimediare in qualche modo al suo egoismo e alla sua cattiveria di un tempo. Desiderava tanto un’altra possibilità ma si rendeva conto che ormai era troppo tardi.

Una notte Gesù risorto le apparve in sogno e le disse: “Coraggio Befana! Io ti perdono. Ti darò vita e salute ancora per molti anni. Il regalo che tu non sei venuta a portarmi quando ero bambino ora lo porterai a tutti i bambini da parte mia. Volerai da ogni capo all’altro della terra sulla tua scopa di paglia e porterai una calza piena di caramelle e di regali ad ogni bambino che a Natale avrà fatto il presepio e che, il sei gennaio, avrà messo i re magi nel presepio. Ma mi raccomando! Che il bambino sia stato anche buono, non egoista… altrimenti gli metterai del carbone dentro la calza sperando che l’anno dopo si comporti da bambino generoso”.

E la Befana fece così e così ancora sta facendo per obbedire a Gesù. Durante tutto l’anno, piena di indicibile gioia, fa le calze per i bambini… ed il sei gennaio gliele porta piene di caramelle e di doni.

È talmente felice che, anche il carbone, quando lo mette, è diventato dolce e buono da mangiare.

 Fiaba di G. Perugini


Felice Epifania!

martedì 24 maggio 2022

Congratulazioni Sua Eminenza Reverendissima!


Oggi Papa Francesco ha nominato il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
"Comunione e missione sono le parole che sento nel cuore. Cercherò di fare del mio meglio, restiamo uniti nella sinodalità". E' quanto ha detto il card. Zuppi secondo quando riporta il Sir.Maria Zuppi a Presidente della CEI è davvero una scelta rivoluzionaria, l’ennesima di Papa Francesco.

Prete di strada - come è rimasto sempre, anche una volta diventato Cardinale - assiduo promotore della Comunità di Sant’Egidio, ha dedicato la sua intera vita ai bambini svantaggiati, ai migranti, ai senza fissa dimora, ai disabili, ai tossicodipendenti, ai carcerati, agli ultimi, agli emarginati.
È stato figura di spicco e mediatore nel processo che, nel 1992, ha portato alla pace in Mozambico, che pose fine a oltre 15 anni di guerra civile.
È stato simbolo della cooperazione in Africa.
Nel 2015, quando divenne arcivescovo di Bologna, scelse di andare a vivere in un dormitorio per preti in pensione, in una umile stanza con un letto, un comò e uno scrittoio uguale a quella di tutti gli altri.
Tre anni fa, nel pieno dell’ipnosi sovranista, se ne uscì con parole manifesto sull’immigrazione e sull’accoglienza:
“L'accoglienza non è un incubo da evitare, è il modo in cui la società cresce, ringiovanisce, matura. Siamo di fronte al rischio di non commuoversi più per la condizione di chi non ha nulla o è in pericolo".
È questa figura qui, questo prete progressista, quest’uomo straordinario, che Bergoglio ha appena scelto per guidare i vescovi italiani. E, a prescindere dalla fede (o meno) di ognuno, è una grande notizia per questo Paese. 


Ho avuto l'onore e il piacere di conoscerlo personalmente non più tardi di una settimana fa, durante la visita Pastorale tenutasi nel nostro paese. Una persona di una intelligenza eccelsa pari alla sua umiltà, disponibile con tutti, ma davvero tutti, riesce a metterti a tuo agio come se fosse una chiacchierata tra vecchi amici. Sono uscita da questa esperienza entusiasta e arricchita come non avrei mai creduto. 
Quattro giorni trascorsi insieme, piacevolissimi, dal mattino presto, sempre in anticipo agli appuntamenti, fino a sera tardi, con una energia inesauribile.
Riporto qualche foto della visita. 

Lodi mattutine a Lovoleto con l'immancabile colazione insieme



Vespri a Quarto, dove si è trasformato in "cameriere "


Rosario in piazza a Cadriano


visita al centro anziani


la biciclettata con i bambini


il saluto domenica





Congratulazioni "Don Matteo", i migliori auguri di buon proseguimento e infinite grazie per quanto fa, ha fatto e sicuramente farà! Pregheremo per Lei.





 

domenica 20 febbraio 2022

Viadagola in festa!

 


Viadagola, per chi non la conosce, è sempre stato un luogo dove sentirsi benvoluti e amati in modo particolare nella comunità parrocchiale. In tempi non di Covid19, e se fosse ancora la realtà di qualche anno fa, ci sarebbe stata una festa sontuosa, con la sfilata lungo i corsi della frazione e ovviamente conclusa nel modo usuale, con ogni bene sulla tavola condiviso con tanta allegria. Ricordo ancora, quando venne ordinato diacono Alfonso, che bella giornata fu, che felicità e  che fierezza si respirava quel pomeriggio. Io mi ero da poco trasferita a Granarolo e partecipai per puro caso, ma questo mi fece innamorare della comunità Viadagolese, nonostante allora non avessi la seppur minima conoscenza di cosa volesse dire fare parte di una comunità. Purtroppo, oggi, vuoi per la pandemia, vuoi perchè comunque tante cose sono cambiate nell'organizzazione ecclesiale, tutto questo non è stato possibile, ma in ogni caso non abbiamo rinunciato a festeggiare il nuovo diacono Francesco .per l'imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione di S.E. Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna.  Ho avuto anche la fortuna di assistere alla consacrazione a fianco della comunità Francofona, che mi hanno sicuramente contagiato con la loro felicità e la loro fierezza per un connazionale che ha condiviso l'ordinazione con Francesco. Quando ho chiesto se potevo rimanere insieme a loro  o se avessero preferito che cambiassi postazione, ho ricevuto in cambio un sorriso da una sorella che mi ha illuminato la giornata e riempito di gioia. Uno splendido regalo che mi ha arricchito interiormente. 

E' un grande onore e piacere per noi comunità di Viadagola, annoverare un altro diacono che si unisce ad Alfonso e Graziano. La cerimonia si è tenuta come al solito in San Pietro, seppur con alcune variazioni rispetto alle precedenti alle quali avevo assistito. Il diacono non viene vestito da sacerdoti, bensi erano presenti le mogli o persone a loro congiunti, che li hanno accompagnati durante la cerimonia.  Ringraziamo con tanto affetto Francesco per la sua disponibilità e auguriamo  a lui che il Signore lo illumini e gli doni il giusto entusiasmo per percorrere questo cammino.

Grazie Francesco.





lunedì 27 dicembre 2021

Galateo: come si mangiano alcuni frutti


 Galateo come si mangiano alcuni frutti

Le arance – si tengono con la mano sinistra e si sbucciano con il coltello. Gli spicchi si staccano e si portano alla bocca con le dita. Se però l’arancia è molto sugosa e matura, è preferibile, dopo averla sbucciata, affettarla sul piatto e portare alla bocca le fette con la forchetta

Banane – le banane si tengono nella mano sinistra e si sbucciano con il coltello, si appoggia poi il frutto già sbucciato sul piatto e si taglia a fettine col coltello; ogni fettina, infine, viene portata alla bocca con la forchetta

Cachi – i cachi si tagliano a metà , poi si mangiano col cucchiaino, lasciando la buccia nel piatto

Ciliegie – le ciliegie si mangiano staccandole dal gambo una ad una

Fichi – i fichi si dividono in quattro e si sbucciano col coltello, la polpa viene portata alla bocca con la forchetta.

Fragole – le fragole se sono molto grosse si mangiano con due dita, se piccole con il cucchiaino da dolce.

Frutta secca – quanto alla frutta secca si rompe il guscio con l’apposito strumento, si libera il seme dai frammenti e lo si porta alla bocca con le dita

Mandarini – i mandarini si sbucciano con il coltello, poi si mangiano spicchio a spicchio con le mani

Mele e pere – le mele e le pere si tagliano e si sbucciano in questo modo: con la forchetta si tengono ferme nel piatto e col coltello si tagliano a metà, poi in quarti: si dividono i quarti in pezzetti che vengono sbucciati e poi portati alla bocca con la forchetta

Pesche – le pesche si tengono ferme nel piatto con la forchetta e si sbucciano interamente con il coltello, poi si tagliano a pezzetti che vengono portati alla bocca con la forchetta

Pompelmo – il pompelmo viene generalmente servito già tagliato a metà, adagiato in coppe emisferiche e con gli spicchi precedentemente divisi da un apposito coltellino. Si mangia col cucchiaino

Prugne e albicocche – le prugne e le albicocche non si sbucciano. Si dividono a metà facendo una leggera pressione con le dita ai lati del frutto e , dopo aver tolto il nocciolo, si portano alla bocca con la mano destra. Si possono anche tagliare a piccoli pezzi con la forchetta e il coltello

Uva – l’uva si mangia tenendo il grappolo nella mano sinistra e staccando gli acini a uno a uno con la destra. Le bucce e i semi si raccolgono nella mano e poi si depositano nel piatto

Ultimo consiglio – la frutta generalmente viene portata in tavola intera e già lavata. Fanno eccezione l’ananas, i meloni e le angurie che vengono presentati già tagliati a fette. Nel caso in cui la frutta venga presentata non lavata insieme a una bacinella d’acqua, ci si regola così: si sceglie il frutto, lo si prende con il cucchiaio lo si mette nella bacinella, lo si sciacqua discretamente senza toccarlo con le dita e si porta, sempre con il cucchiaio, nel proprio piatto. In nessun caso bisogna asciugare il frutto con il tovagliolo.



venerdì 17 dicembre 2021

Il linguaggio dei fiori

 Da "il calendario di una volta Bologna"


Garofano

Se è rosso indica amore passionale, bianco è fedeltà, giallo è sdegno. Prevalentemente coltivato sulle coste tirreniche, la superstizione non lo vuole nel camerino di una attrice. Numerosi sono i significati attribuiti a questo fiore nel corso dei secoli. La mitologia lega il garofano alla Dea della caccia, Diana. La tradizione cristiana riporta che dalle lacrime di Maria addolorata ai piedi della croce del Cristo nacquero dei garofani. Numerosi sono anche i poteri attribuiti agli infusi ricavati con l'essenza del fiore; toccasana contro i malanni e la febbre, sollievo per le sofferenze d'amore.

Peonia


A questo fiore si attribuisce il significato di onta, vergogna. Ha fiori grandi rossi o rosa, in varie gradazioni sino al bianco, simili alla rosa. Molto diffusa in Europa anche allo stato selvatico, le vengono attribuite fin dall'antichità mille virtù; oltre ad essere utilizzata come antidolorifico, si diceva che un rametto legato al collo dei pazzi potesse curare dalla pazzia. Plinio il vecchio ce ne parla come della pianta del dio Peone, medico degli dei a cui dovrebbe il nome. Per le popolazioni asiatiche, in Cina e in Giappone, la peonia era il fiore degli imperatori, i soli che potevano coltivarlo e coglierlo.

Bucaneve



I bucaneve sono il simbolo della vita e della speranza. E' detto "stella del mattino" perchè è uno dei primi fiori a spuntare dalla terra dopo l'inverno. La tradizione cristiana associa il bucaneve alla candelora, il 2 febbraio, giorno della purificazione della Madonna. Inoltre una leggenda racconta che Eva e Adamo, una volta cacciati dal Paradiso Terrestre, furono trasportati in un luogo gelido, buio e dove era sempre inverno. Eva ben presto fu presa dallo sconforto e dal rimpianto, non accettava l'idea di vivere in quelle condizioni; un angelo avuta compassione di lei, si dice, che prese un pugno di fiocchi di neve, vi soffiò sopra e ordinò che si trasformassero in boccioli una volta toccato il suolo. Eva, alla vista dei bucaneve, prese forza e si rianimò.

Giglio



Il significato del giglio è quello della purezza e della castità. Il giglio è originario della penisola Balcanica e dell'Asia Minore, da dove fu importato nel resto dell'Europa. La tradizione vuole che il giglio, in origine, fosse un fiore bianco e candido, proprio per questo per i cristiani il giglio è simbolo della purezza. Proprio per questo spesso San Giuseppe viene rappresentato con un bastone dal quale germogliano gigli bianchi. Un giglio stilizzato è ancor oggi considerato lo stemma della città di Firenze, anche se, probabilmente, il fiore che si voleva rappresentare era l'iris. La mitologia narra che il giglio nacque da una goccia di latte caduta dal seno di Giunone mentre allattava il piccole Ercole.

Glicine



Indica amicizia disinteressata. Rampicante produce infiorescenze di colore azzurro-violaceo. Dal greco glykys (dolce), per il sapore dolciastro dei fiori, è originario della Cina e della Mongolia. Per i cinesi ed i giapponesi il glicine rappresenta l'amicizia, tenera e reciproca. Il glicine cresce nella costa orientale degli Stati Uniti, da dove fu importato in Europa nel 1700.

Iris



Il significato associato a questo fiore è ,messaggio di buona novella. La mitologia greca ha chiamato Iride, la messaggera degli Dei, e cioè la divinità che, servendosi dell'arcobaleno come passaggio, consentiva il "dialogo" tra Olimpo e Terra. Il fiore dell'Iris fu così chiamato perchè la molteplicità dei suoi colori ricordava, per l'appunto, i colori dell'arcobaleno. In Italia l'iris è un fiore molto comune nelle campagne toscane; sembra infatti che proprio sulla base di questo fiore venne ideato lo stemma della città di Firenze, anche se da sempre esso è comunemente conosciuto come giglio fiorentino. Anche il Re Luigi di Francia lo scelse come simbolo del proprio paese.

Mughetto


Simboleggia verginità, innocenza. Ha piccoli fiori bianchi raccolti a grappolo, dal profumo molto intenso. Dal fiore si ricava un'essenza per l'industria dei profumi. "In antico si vantavano molto le virtù medicinali dei mughetti, ma oggi è decaduto il loro prestigio. Si adopera soltanto la polvere ottenuta dalle radici disseccate e dai fiori, come starnutatorio nelle gravi emicranie e nelle flussioni corniche degli occhi. L'acqua d'oro che godeva una volta tanta reputazione presso i tedeschi, e che credevano perfino atta a rianimare le forze vitali, era preparata con i fiori di mughetto.

Margherita


A questo fiore si associano candore, innocenza, incertezza, grazia, bontà. Fiori bianchi. "Alla margherita sono stati attribuiti emblemi che non hanno alcuna relazione tra loro, forse per la diversità dell'origine che hanno avuta. Mentre una margherita simboleggia il candore e l'innocenza, esprime anche il motto "ci penserò": e perchè? La spiegazione si trova negli officiali e sdolcinati usi di amore del medio evo. Allora non era raro il caso che più cavalieri  reclamassero i colori di una dama, offrendole in cambio, il braccio, il cuore, la mente, e che la dama si trovasse assai imbarazzata nella scelta. In un caso simile essa, invece di dare una risposta decisiva, e per guadagnare tempo, cingevasi la fronte con una corona di margherite e presentavasi adornata ai supplichevoli cavalieri, quasi dicendo loro: ci penserò!"

Rosa canina


Il significato attribuito al fiore è duplice: delicatezza e piacere ma nello stesso tempo anche sofferenza e dolore fisico e questo perchè sin dall'antichità è stata considerata un fiore dalla doppia valenza; da un lato, infatti, la Rosa Canina si caratterizza per la bellezza e la soavità del profumo dei propri boccioli, dall'altro per il tronco ed i rami pieni di spine, piccole e appuntite, che rappresentano un ostacolo per chiunque si avvicini e desideri cogliere una rosa. La Rosa Canina è una varietà di rosa selvatica, che può crescere spontaneamente nei boschi e nei dirupi. Di questo fiore sono note le proprietà calmanti e rilassanti associate agli infusi ed estratti ricavati con i petali del fiore.

Girasole


Fatuità, vanità, falsa ricchezza, amore infelice. Ha le foglie a forma di cuore e da grosse infiorescenze di colore giallo dai cui semi si estrae un olio commestibile. Detta anche elianto e eliotropio. E' un fiore che ha origine antiche: nell'America settentrionale sono stati trovati resti di questo fiore che risalgono a tremila anni prima di Cristo. Gli Indiani d'America lo consideravano una pianta sacra in quanto consentiva all'uomo di farne molteplici usi. In Perù è l'emblema del Dio Sole.

Primula


Questo fiore assume il significato di amicizia, fiducia, speranza. Ha fiori gialli, rosa o violacei solitari o riuniti in ombrelli, con foglie basali disposte a rosetta. La primula è uno dei primi fiori che sboccia appena il clima inizia ad intiepidirsi, anche nei paesi più freddi; proprio per questo essa è da sempre considerata il simbolo della primavera e della speranza di rinnovamento. Rilevanti sono inoltre anche le sue proprietà medicinali: infusi a base dei suoi petali e rizomi essiccati sono un efficace rimedio contro emicranie ed infiammazioni delle vie respiratorie.

Giacinto


I significati attribuiti al fiore sono diversi e variano a seconda della colorazione; per esempio il giacinto rosso è simbolo di dolore, quello blu di coerenza. In generale, comunque, il giacinto rappresenta il gioco e il divertimento. L'etimologia del termine (la radice giak in greco significa rosso cupo) avvalora l'ipotesi secondo la quale in origine il Giacinto era, probabilmente, di colore rosso. Questo fiore è stato caro a molti poeti antichi, tra i quali Plinio, Virgilio e Teocrito, che spesso hanno citato il fiore nei propri versi. In Italia il bulbo del giacinto giunse per la prima volta alla fine del 1500 dall'Asia Occidentale. Preziosa è la sua essenza, con la quale, da sempre, si ricava un profumo delizioso e molto ricercato.