Storia, muscoli e ricchezza. Sono il simbolo della città. L'Asinelli, la regina:fu anche prigione all'aperto.
Costruite fra il XII e il XIII secolo, le torri bolognesi furono almeno un centinaio, ma vi è chi sostiene fossero molte di più. Le pareti erano realizzate con la tecnica "a sacco", quella che si utilizzava per costruire le fortificazioni e le mura: si trattava di due muri paralleli tra i quali si gettavano ciottoli, pietrisco e calce. La base era realizzata con selenite, un gesso crudo estratto dalle cave di Monte Donato, e le fondamenta affondavano fino a 6 metri.
Molti si chiedono: a cosa servivano le torri? Premesso che sono un fenomeno urbanistico e architettonico circoscritto al periodo che va dal XXII secolo alla prima metà del XIII, le torri, nei periodi turbolenti, erano strumenti offensivi e difensivi, ma servivano alle più importanti famiglie a esibire ricchezza, stato sociale, muscoli.
Furono importanti per la crescita delle tecniche costruttive e ancora oggi destano meraviglia per l'abilità e la sapienza dei costruttori. In base alla misura del perimetro della torre è possibile risalire alla loro altezza originaria. I fori tuttora presenti sul paramento murario erano quelli utilizzati dai ponteggi e venivano lasciati per consentire opere di manutenzione.
Man mano che la costruzione della torre sale verso l'alto, il muro si assottiglia e, di conseguenza, lo spazio interno cresce.
Alcune delle torri superstiti hanno un altezza inferiore a quella originaria: o rimasero vittime di eventi naturali (come i terremoti) o di incendi, oppure furono appositamente mozzate per vendetta o per sicurezza (la Garisenda fu ridotta di 12 metri).
La prima torre di Bologna (1109) fu l'Asinelli: alta 97,20 metri, con fondamenta di 6,50 metri e una base di selenite di 3,70 (di cui 1,70 interrati). Nel 1352 fu realizzato un "corridore" in legno per poter sorvegliare dall'alto le zone circostanti; la struttura, sulla quale stavano le guardie, collegava l'Asinelli alla Garisenda come dimostrano i grandi fori ancor oggi visibili sul fianco della Garisenda. Il corridore fu distrutto da incendio nel 1399.
Alcune curiosità sull'Asinelli: nel secolo XIV, all'esterno della torre fu appesa una gabbia di ferro al cui interno scontavano la pena di morte ecclesiastici condannati per gravi delitti. E poi, per due secoli, fu collocata una lumiera sulla cima: era un grande braciere che veniva riempito di stoppa immersa nella pece o in altro tipo di grasso. Il pennacchio di fuoco segnalava anche oltre i confini di Bologna la necessità di precipitarsi in città. Nel 1824 fu collocato l'impianto parafulmine e il 7 aprile 1878 Luciano Monari scese, fra gli applausi del pubblico, dalla Asinelli servendosi del filo metallico del parafulmine.
Oggi le torri superstiti sono 23, alcune visibili, altre inglobate in edifici. La gran parte di esse è di proprietà privata. Le ultime torri ad essere abbattute, nel 1919, furono l'Artenisi, la Riccadonna e la Guidozagni che sorgevano fra via Caprarie e via Rizzoli
Costruite fra il XII e il XIII secolo, le torri bolognesi furono almeno un centinaio, ma vi è chi sostiene fossero molte di più. Le pareti erano realizzate con la tecnica "a sacco", quella che si utilizzava per costruire le fortificazioni e le mura: si trattava di due muri paralleli tra i quali si gettavano ciottoli, pietrisco e calce. La base era realizzata con selenite, un gesso crudo estratto dalle cave di Monte Donato, e le fondamenta affondavano fino a 6 metri.
Molti si chiedono: a cosa servivano le torri? Premesso che sono un fenomeno urbanistico e architettonico circoscritto al periodo che va dal XXII secolo alla prima metà del XIII, le torri, nei periodi turbolenti, erano strumenti offensivi e difensivi, ma servivano alle più importanti famiglie a esibire ricchezza, stato sociale, muscoli.
Furono importanti per la crescita delle tecniche costruttive e ancora oggi destano meraviglia per l'abilità e la sapienza dei costruttori. In base alla misura del perimetro della torre è possibile risalire alla loro altezza originaria. I fori tuttora presenti sul paramento murario erano quelli utilizzati dai ponteggi e venivano lasciati per consentire opere di manutenzione.
Man mano che la costruzione della torre sale verso l'alto, il muro si assottiglia e, di conseguenza, lo spazio interno cresce.
Alcune delle torri superstiti hanno un altezza inferiore a quella originaria: o rimasero vittime di eventi naturali (come i terremoti) o di incendi, oppure furono appositamente mozzate per vendetta o per sicurezza (la Garisenda fu ridotta di 12 metri).
La prima torre di Bologna (1109) fu l'Asinelli: alta 97,20 metri, con fondamenta di 6,50 metri e una base di selenite di 3,70 (di cui 1,70 interrati). Nel 1352 fu realizzato un "corridore" in legno per poter sorvegliare dall'alto le zone circostanti; la struttura, sulla quale stavano le guardie, collegava l'Asinelli alla Garisenda come dimostrano i grandi fori ancor oggi visibili sul fianco della Garisenda. Il corridore fu distrutto da incendio nel 1399.
Alcune curiosità sull'Asinelli: nel secolo XIV, all'esterno della torre fu appesa una gabbia di ferro al cui interno scontavano la pena di morte ecclesiastici condannati per gravi delitti. E poi, per due secoli, fu collocata una lumiera sulla cima: era un grande braciere che veniva riempito di stoppa immersa nella pece o in altro tipo di grasso. Il pennacchio di fuoco segnalava anche oltre i confini di Bologna la necessità di precipitarsi in città. Nel 1824 fu collocato l'impianto parafulmine e il 7 aprile 1878 Luciano Monari scese, fra gli applausi del pubblico, dalla Asinelli servendosi del filo metallico del parafulmine.
Oggi le torri superstiti sono 23, alcune visibili, altre inglobate in edifici. La gran parte di esse è di proprietà privata. Le ultime torri ad essere abbattute, nel 1919, furono l'Artenisi, la Riccadonna e la Guidozagni che sorgevano fra via Caprarie e via Rizzoli
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