Parlando con mia mamma di sartoria, per una gonna di mia figlia, mi sono accorta che utilizziamo dei paragoni a dei personaggi che ormai risultano sconosciuti. Infatti, mia figlia, mi ha chiesto chi sono? ho pensato così di riproporli, in modo che non vadano totalmente dimenticati.
Sor Pampurio
Trattasi di un personaggio dei fumetti ideato nel 1925 da Carlo Bisi e pubblicato per la prima volta sul n. 17 del Corriere dei Piccoli dell'aprile 1929. Il disegnatore continuò ininterrottamente a illustrare le sue storie sino al numero 45 del 1944, per riprenderla poi saltuariamente nel dopoguerra sempre per il Corrierino sino al numero 4 del 1978.
Le sue storie - il testo appariva al fondo delle tavole ed era espresso in rima baciata, non essendo ancora state adottate all'epoca le nuvolette - iniziavano con la cantilena che recitava:
« Sor Pampurio arcicontento del suo nuovo appartamento »
in ragione del fatto che il protagonista, per un motivo o per l'altro, cambiava di continuo abitazione.
Con questo fumetto, Bisi lasciò lo stile dell'Art Nouveau per adottare quello dell'Art Déco, che si fa più evidente ancora nel tratto molto geometrico delle ambientazioni domestiche.
Figurina stralunata, carattere maschilista ante litteram, era raffigurato con un volto ovale incorniciato da pizzetto, praticamente calvo ma con due grosse matasse di capelli arricciati sopra le orecchie. L'abbigliamento era costituito da una vistosa cravatta a farfalla e da una palandrana che indossava sopra larghi calzoni. Ai piedi calzava scarpe con la punta all'insù. In testa portava una sorta di tuba.
Nonostante l'abbigliamento clownesco, il personaggio impersonava il classico cittadino borghese appartenente al ceto medio alle prese con i problemi quotidiani e con le grane che gli venivano dalla famiglia (segnatamente la moglie Pampuria e il figlioletto anch'egli calvo ma con un buffo ricciolino al centro della testa; ma anche dalla domestica, appellata senza mezzi termini servetta, e verso cui si appuntavano spesso i suoi strali).
Il Sor Pampurio - sulla carta arcicontento - a dispetto dello stereotipo che impersonava rappresentava in realtà un individuo piuttosto irascibile e scostante oltre che suscettibile (tanto che poteva diventare in breve arci-scontento): soffriva sostanzialmente delle alienazioni che sarebbero diventate poi, molti decenni dopo, una costante della civiltà post-industriale: l'avversione per il rumore e la confusione, per l'inquinamento, per i disagi e gli stress della vita moderna. Non potevano non essere toccati dei tòpos della convivenza domestica come il sopraggiungere della suocera, il pianto d'un infante, il rumore provocato da vicini di casa chiassosi.
In ragione di queste attitudini, il Sor Pampurio – sempre stritolato fra tragicomiche avventure domestiche e puerili accadimenti quotidiani – era spesso costretto a cambiare appartamento (tanto che il nome è diventato sinonimo di qualcuno costretto continuamente a spostarsi di residenza).
Bagonghi o nano Bagonghi è un desueto pseudonimo usato per definire i nani che lavorano nei circhi, nelle fiere e nei baracconi.
L'origine del nome è incerta, ma alcuni ritengono che derivi da "Ba Kango", nome di una tribù pigmea dell'Africa occidentale. Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento risulterebbero aver lavorato nani con questo pseudonimo nei circhi Guillaume, Gatti & Manetti e Barnum. Si ritiene che il primo Bagonghi sia stato Andrea Bernabè, nato a Faenza il 27 gennaio 1850 e morto attorno al 1920, che iniziò la sua carriera nel Circo Zavatta.
Uno dei più noti Bagonghi fu poi l'artista circense Franco Medori, appartenente al circo Togni.
Nel linguaggio colloquiale "bagonghi" può essere usato come epiteto scherzoso (quantomeno nelle intenzioni di chi lo pronuncia) nei confronti di una persona di statura bassa che tende a rendersi ridicola giganteggiando su meriti che non ha o affrontando argomenti sui quali millanta una finta preparazione suscitando ilarità ai propri interlocutori.
Nella cultura dialettale milanese di un tempo, l'espressione "Bagonghi e sensa murusa" indicava invece propriamente una persona che, a causa della propria bassa statura, fosse rimasta senza fidanzata (e, come insulto, pare sia sopravvissuto a Milano fino agli anni 1980)[senza fonte]. Nella cultura dialettale livornese e veneziana ed in alcune zone dell'Emilia Romagna invece l'espressione "Pari Bagonghi" si riferisce a colui che indossa abiti troppo larghi o con maniche eccessivamente lunghe che lo rendono goffo, proprio con riferimento ai costumi di scena circensi. Nella cultura sarda la parola Bagonghi è utilizzata come appellativo per le persone con la testa grande e/o grossa.
RICHETTO
Nella Sala Cicogna del Salone del bambino di Milano si apre la seconda edizione dello Zecchino d’Oro dopo lo strepitoso successo dell’anno scorso. Oggi sono presentate sei canzoni, altre sei domani. Appare per la prima volta Richetto, interpretato da Peppino Mazzullo. Richetto vuole cantare come gli altri bambini ma non gli viene permesso perché è troppo somaro a scuola. «Pignolo d’un pignolo!» è il suo tormentone che rivolge a Mago Zurlì. Nel 1966 a Richetto verrà dedicato un fumetto.