Il salume amato nelle Curie . Fine e più caro del prosciutto. Cibo per ricchi nel Seicento. Poi la gloria in scatola.
Sbaglia di grosso chi pensa che la mortadella sia stata un cibo per poveri; al contrario, fino alla seconda metà dell'ottocento se la potevano permettere solo i ricchi. Infatti, come si legge in un bando del 21 dicembre 1624, il prosciutto costava 4 bolognini la libbra (una libbra=360 grammi) e la mortadella 14 bolognini. Il motivo del prezzo triplo rispetto al prosciutto dipendeva dai costi della lunga ed elaborata fabbricazione artigianale; costi che scesero quando, dal 1870, la produzione passò da artigianale a industriale.
La mortadella, quindi, era considerata un prodotto raffinato e per tavole importanti: per eempio, era presente in tutti i pranzi ufficiali che si svolgevano a Palazzo. A diffondere la fama della mortadella furono gli studenti stranieri, i viaggiatori, i personaggi che la ricevettero in dono: fra i vari promotori vi fu anche Prospero Lambertini, che quando divenne Papa, riceveva a Roma la fornitura di mortadelle, attese con ansia dalla sua corte. Il Governo cittadino fu sempre attento a tutelarne le qualità e la produzione che era affidata, in esclusiva, all'Arte dei Salaroli, costituita nel 1242.
Non mancarono imitazioni e sofisticazioni: perciò, il Cardinal Legato nel 1661 vietò, per la fabbricazione delle mortadelle, l'uso di carne che non fosse di maiale. Dunque, la mortadella DOC fu sempre e solo quella prodotta dall'Arte dei Salaroli fino alla loro soppressione da parte di Napoleone. Dalla seconda metà dell'ottocento, visto il gradimento anche all'estero della mortadella bolognese, i fabbricanti si posero il problema di individuare una confezione che ne mantenesse la freschezza e l'integrità. Forse fu il salumiere bolognese Alessandro Forni a trovare la tecnica giusta facendo ricorso a scatole di latta; ma pare sia stato Filippo Benefenati a scoprire la tecnica di saldatura che impediva all'aria di insinuarsi nella scatola. Benfenati aprì un'azienda per produrre le scatolette di latta perfezionando la tecnica di chiusura ermetica. Il successo fu enorme al punto che alla fine dell'ottocento da Bologna partivano ogni anno per i mercati esteri almeno 200 mila "mortadelle in scatola" da mezzo chilo.
Sbaglia di grosso chi pensa che la mortadella sia stata un cibo per poveri; al contrario, fino alla seconda metà dell'ottocento se la potevano permettere solo i ricchi. Infatti, come si legge in un bando del 21 dicembre 1624, il prosciutto costava 4 bolognini la libbra (una libbra=360 grammi) e la mortadella 14 bolognini. Il motivo del prezzo triplo rispetto al prosciutto dipendeva dai costi della lunga ed elaborata fabbricazione artigianale; costi che scesero quando, dal 1870, la produzione passò da artigianale a industriale.
La mortadella, quindi, era considerata un prodotto raffinato e per tavole importanti: per eempio, era presente in tutti i pranzi ufficiali che si svolgevano a Palazzo. A diffondere la fama della mortadella furono gli studenti stranieri, i viaggiatori, i personaggi che la ricevettero in dono: fra i vari promotori vi fu anche Prospero Lambertini, che quando divenne Papa, riceveva a Roma la fornitura di mortadelle, attese con ansia dalla sua corte. Il Governo cittadino fu sempre attento a tutelarne le qualità e la produzione che era affidata, in esclusiva, all'Arte dei Salaroli, costituita nel 1242.
Non mancarono imitazioni e sofisticazioni: perciò, il Cardinal Legato nel 1661 vietò, per la fabbricazione delle mortadelle, l'uso di carne che non fosse di maiale. Dunque, la mortadella DOC fu sempre e solo quella prodotta dall'Arte dei Salaroli fino alla loro soppressione da parte di Napoleone. Dalla seconda metà dell'ottocento, visto il gradimento anche all'estero della mortadella bolognese, i fabbricanti si posero il problema di individuare una confezione che ne mantenesse la freschezza e l'integrità. Forse fu il salumiere bolognese Alessandro Forni a trovare la tecnica giusta facendo ricorso a scatole di latta; ma pare sia stato Filippo Benefenati a scoprire la tecnica di saldatura che impediva all'aria di insinuarsi nella scatola. Benfenati aprì un'azienda per produrre le scatolette di latta perfezionando la tecnica di chiusura ermetica. Il successo fu enorme al punto che alla fine dell'ottocento da Bologna partivano ogni anno per i mercati esteri almeno 200 mila "mortadelle in scatola" da mezzo chilo.
Anche se involontariamente, la mortadella incentivò la tecnologia del confezionamento dei prodotti alimentari: forse deve molto alla mortadella l'industria del "packaging" che proprio nel bolognese è divenuta un'eccellenza mondiale, creando, nel secondo dopoguerra, ricchezza e posti di lavoro. Una curiosità: in occasione del Carnevale del 1869, fu bruciato in Piazza un vecchione con la barba bianca, con un bicchiere in mano e seduto su una grande mortadella.
Oggi i legittimi eredi dell'Arte dei Salaroli sono i membri della Mutua Salsamentari che quest'anno compie i 140 di attività; essi sono i veri tutori dei salumi bolognesi e in particolare della mortadella, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, al punto che è diventata nota come "la Bologna". Ci sono dunque, ottime ragioni per considerare la mortadella parte della storia della città.
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