sabato 13 agosto 2016

E: Enzo (Re e piazza)


Palazzo Re Enzo

"La prigionia dorata del sovrano bello e colto. Sconfitto nel 1249, fu sepolto in San Domenico.
Per noi bolognesi è Re Enzo, ma il suo altisonante nome fu Heinz o Enzio di Svevia Hohenstaufen, re di Sardegna, di Torres e di Gallura. Figlio naturale legittimo dell'imperatore Federico II e di Adelaide di Urslingen, nacque a Cremona nel 1220.
Sposò Adelasia di Torres, ma in seguito lei chiese al Papa l'annullamento del matrimonio per adulterio. Dopo aver vissuto a Sassari per qualche tempo, il padre lo nominò Vicario Imperiale per l'Italia centro-settentrionale.
Divenne il riferimento dei ghibellini e guidò l'esercito imperiale in molte azioni belliche nel Centro e nel Nord Italia riportando all'Impero città e terre della Chiesa, dalle Marche alla Romagna fino a Piacenza e Milano. Assieme alle truppe di Ezzelino da Romano (del quale Enzo sposò una nipote) compì altre azioni militari.
All'inizio del 1249 Modena fu attaccata dalle truppe dei Guelfi e Enzo decise di soccorrere i Ghibellini; ma il 26 maggio la cavalleria bolognese sorprese e sconfisse le truppe guidate da Enzo in località Fossalta, vicino a Modena. Enzo fu catturato assieme a 1200 fanti e 400 cavalieri. Il 24 agosto del 1249 fu condotto a Bologna e rinchiuso nel Palazzo Nuovo, costruito da appena tre anni, che, da allora, prese il nome di Palazzo Re Enzo. L'Imperatore propose ai bolognesi un riscatto per riavere il figlio, ma ricevette un diniego. L'anno dopo Federico II morì.
Il comune di Bologna decise di tenere Enzo prigioniero fino alla fine dei suoi giorni, a spese pubbliche, ma con attenzioni degne del rango reale: doveva essere custodito da ben 16 guardie da sostituire ogni 15 giorni (con compenso di due soldi al giorno da pagarsi da parte del Re). Enzo poteva ricevere persone, ma solo in presenza dei custodi. Infatti durante la lunga prigionia, pur rigorosamente sorvegliato, a Enzo furono permessi svaghi e privilegi degni di un Re: la possibilità di scrivere e quella di poter ricevere donne. Non a caso, oltre alla figlia Elena avuta dalla nipote di Ezzelino da Romano, ebbe, durante la prigionia, altre due figlie,  Maddalena e Costanza, alle quali, nel testamento, lasciò 1000 once d'oro ciascuna.
Pare che la sua "cella" fosse all'ultimo piano del palazzo in un salone di 400 metri quadrati e 7 metri di altezza; per attenuare il freddo invernale fu costruito un soppalco in legno. La prigionia di Enzo si protrasse per ben 23 ani: morì il 14 marzo 1272 e il Comune gli rese onore con un sontuoso funerale e gli attribuì, nella prestigiosa basilica di San Domenico, la sepoltura che ancora oggi è segnalata da una lapide sulla quale è inciso il suo profilo: dietro alla lapide, collocata nel 1731, vi è una cassa contenente le ossa di Enzo assieme ad una corona, agli speroni e ad una spada.
Fu uomo colto e raffinato: compose sonetti e canzoni. Nel testamento lasciò denaro ai donzelli, al sarto, ai medici, al calzolaio, ai cuochi. La sua figura diede origine a storie leggendarie come quella della presunta fuga nascosto dentro una brenta, poi raffigurata in una formella del portico del Palazzo del Podestà.

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